Faccio una premessa: sono tendenzialmente contrario ai DLC. In primo luogo trovo svilente il sistema spilla soldi messo a punto dalle varie software house di questi ultimi tempi: sfruttando a dovere marketing e fattore “desiderio” molte case produttrici fanno in modo di rilasciare poca roba veramente giocabile (tra l’altro pronta tempo prima dell’uscita) nei mesi successivi al rilascio del gioco. Spesso si tratta di piccole porzioni di gioco, di qualche modalità extra o, peggio ancora, di semplici mappe per il multiplayer. Detto questo, come per tutte le cose, non bisogna mai fare di tutta un’erba un fascio; del resto From Software già con Dark Souls rilasciò un dlc Artorias of the Abyss davvero niente male, ricco sia di fasi giocate sia di elementi che espandevano la già di per sé magnifica lore del primo episodio. Un po’ per passione, un po’ per spirito critico, ho deciso di acquistare il Season Pass (altro sistema truffa) di Dark Souls 2. Il pacchetto, al prezzo di circa 25 euro, permette di accedere a tre contenuti aggiuntivi, facenti parte della serie Le corone Perdute. In questi giorni è stato rilasciamo il primo di questi tre contenuti: Crown of the Sunken King.
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Anything that has a beginning also has an end
Tra gli aspetti più importanti della lore di Dark Souls 2, c’è il concetto di ciclo. Se, come me, avete seguito gli svilluppi della trama e unito i vari pezzi del puzzle, dovreste avere – e ve lo auguro – una buona conoscenza del mondo di Dark Souls 2. Sapete, un po’ come in Artorias of The Abyss, mi aspettavo da questo dlc delucidazioni maggiori su ciò che è avvenuto prima della nostra comparsa a Drangleic. Mi aspettavo di dissipare alcuni dubbi su Vendrick e Nashandra, di scoprire nuovi dettagli sulla maledizione o, perché no, addirittura sul finale del gioco. Mi sbagliavo, Crown of the Sunken King non parla di nulla di tutto ciò e, se lo fa, lo fa in maniera molto limita e circostanziale. Come vi accennavo prima, Dark Souls 2 gira tutto sul concetto di ciclo e, a mio modo di vedere, in questo DLC esploreremo i resti di un “ciclo” passato. Durante il gioco, Straid of Olaphis, dichiara di non conoscere Drangleic e che, durante il suo sonno millenario, numerosi regni sono sorti e caduti, Shulva, regno che andremo ad esplorare in Crown of the Sunken King è a mio avviso uno di questi. Shulva è attualmente sommersa nelle profondità della terra, nel punto probabilmente più basso raggiungibile. Durante i suoi fasti Shulva era dedita all’adorazione del drago dormiente Sinh, qui i Cavalieri del Santuario proteggevano i luoghi del culto e il regno prosperava. Così come Drangleic, anche Shulva ha avuto la sua guerra e la sua distruzione. I draghi erano adorati in maniera quasi ossessiva da un ordine cavalleresco i cui membri erano noti come i Cavalieri Neri del Sangue del Dragone, questo gruppo di guerrieri riteneva che il sangue di un drago fosse capace di infondere gli essere umani di poteri illimitati, per questo indossano un mantello cremisi che di fatto rappresenta il sangue sacro dei draghi. Capitanati da Sir Yorgh i Cavalieri lanciarono un attacco al Santuario e fu Sir Yorgh stesso a colpire con una spada d’acciaio Sinh, il drago dormiente (che purtroppo porta con sé un difetto di lore niente male, ma di cui evito spoiler). Da quella semplice lacerazione è fuoriuscito un miasma velenoso che ha praticamente decretato la fine di Shulva. Il regno appare corroso, persino i nemici che incontriamo durante il tragitto hanno subito pesanti modificazioni a causa del terribile veleno di Sinh. Sir Yorgh avrà agito di sua spontanea volontà o, come Vendrick, è stato in qualche modo plagiato? Su questo nutro qualche dubbio, e non volendovi spoilerare nulla, vi dico che forse (e sapete in Dark Souls quanto possa essere forte la parola “forse”) c’è un riferimento a Vendrick e Nashandra. Come dicevo, è tutto un ciclo…
So the world might me mended…
Io gli sviluppatori, quelli bravi almeno, li immagino sempre passare intere giornate davanti al pc, scandagliano forum e siti tematici alla ricerca dei feedback sul proprio lavoro. Sarò sincero, a parità di condizioni, morirei dalla voglia di sapere cosa pensa la gente del mio lavoro. E’ così che immagino gli sviluppatori di Dark Souls 2 e, anche se così non fosse, Crown of the Sunken King ha il merito di essere una versione di Dark Souls 2 senza i difetti di Dark Souls 2. In rapida successione abbiamo: scenari troppo lineari, difficoltà troppo all’input damage, level design non sempre credibile e via dicendo con difettucci minori. Prendete tutta questa roba e dimenticatela, perché Crown of The Sunken King è esente da questi difetti. Prima di tutto: l’ambientazione. Mi è anche difficile descriverla senza sembrare di parte, ma vi assicuro che Shulva è tra i posti più belli che potete visitare nel gioco. Parto subito col dire che artisticamente (e non nemmeno è il suo punto migliore) ricorda una città Azteca o Maya, un po’ – forse – ad omaggiare il mito dell’Eldorado. Templi diroccati, stalattiti, strani marchingegni, altorilievi di un’epoca sconosciuta; tutti elementi uniti in un contesto credibile e soprattutto vario. E non è finita qui, Dark Souls 2 non brilla sicuramente per level design (o almeno non quanto il primo episodio) con scenari tutti abbastanza lineari con poche biforcazioni e sporadiche aree secondarie, Shulva è invece una città labirinto, praticamente un quadro di Escher tinto con vernici “souliane”. Topograficamente ricorda molto il lavoro fatto con Dark Souls: un unico immenso blocco, dove le diverse strutture si allacciano in maniera sensata, una mappa dove ogni cosa è al posto giusto ed è funzionale al gioco.
Per quanto riguarda gli aspetti ludici, Crown of the Sunken King non delude affatto. Ho impiegato circa quattro ore per portarlo al termine cercando altresì di esplorare ogni angolo della mappa. Il ritmo di gioco è stupendo, si inizia subito col botto, per poi calare e riprendere pian piano, aggiungendo trovate ludiche davvero interessanti, come un’interazione ambientale più importante e un livello di esplorazione maggiore. Durante questo peregrinare mi sono imbattuto in diversi nemici (non tanti a dire il vero) tutti ben caratterizzati e ben contestualizzati all’interno della lore del contenuto. Buona la quantità di nuovi items ed equipaggiamenti. Un’escalation di situazioni ti porta in Crown of the Sunken King ad usare tutto ciò che si è imparato durante le ore di gioco; consiglio spassionato: portatevi arco e frecce. Questo per dire che anche il più navigato dei giocatori avrà pan per focaccia. Non vorrei spoilerarvi troppo, indi per cui concludo dicendovi che le boss fight sono state piacevoli, una a dire il vero ci è sembrata un tantino forzata e ripetitiva mentre sull’ultima non possiamo far altro che ringraziare From Software per il lavoro svolto.