La cultura e la chimera della comunicazione 2.0
Un po’ di tempo fa ho avuto un piccolo diverbio sulle pagine social di Wired.it. Non tanto con Wired, ma con un navigante della rete che pretendeva di vendermi una verità (senza dimenticare qualche buon insulto) riguardo il SUO gran guru dell’informazione di settore: FaviJ. Personalmente non ho nulla contro FaviJ ed anzi, buon per lui per il successo che ha avuto e che continua ad avere in questi mesi. Successo non solo di popolarità ma anche finanziario a cui, com’è ovvio, qualcuno starà anche guardando con una certa invidia… ma sticazzi.
L’occasione fu un articolo di Wired che dava non poca visibilità allo youtuber la qual cosa, almeno per quel che mi riguarda, generò anche un po’ di fastidio. Non tanto, ripeto, per la persona in sé ma perché trovai (e trovo) un tantinello triste che un portale come Wired, che da sempre si propone come baluardo di un certo tipo di informazione e cultura, avesse dato spazio ad uno che non fa né informazione, né cultura. Conscio comunque che sono i numeri che muovono il mondo, ho preso la cosa per come è, senza dimenticare di diventare partecipe della discussione che prima su Facebook, e poi direttamente sul sito, si generò. Io, e quei pochi sfortunati come me, che lì erano per cercare di capire come FaviJ, o chi per lui, potessero essere un prodotto “culturale” tipicamente inteso, ci siamo scontrati con un muro di gomma di pura idiozia generato da una massa di utenti tra cui, ovviamente, il tizio che vi ho presentato qualche rigo più su. Le argomentazioni del tipo cercavano di evidenziare come (e cerco di citare testualmente a memoria) “FaviJ è in grado di dire le stesse cose che dice il professionista di settore ma in più fa ridere e quindi è meglio”.
Ora io non sono un professionista tipicamente inteso, sono un blogger. Ma nella mia esperienza ho conosciuto e lavorato con tanti professionisti, molti dei quali mi hanno poi contattato per complimentarsi per Stay Nerd che, oltre ad avere una bellissima community social è anche e soprattutto un portale di “informazione e (contro) cultura nerd”. Ho chiesto allora al tizio quali fossero questi contenuti aulici di cui lo youtuber si faceva portatore e se, per caso, lui stesso avesse mai letto un editoriale di un professionista di settore (quello dei videogame) o anche qualsiasi altra forma di contenuto editoriale che non fosse un video sul tubo. La risposta non mi è, ad oggi, ancora arrivata. Ma perché questa lunghissima premessa?
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I motivi sono fondamentalmente 2. Il primo, che è poi il male minore, è il fresco annuncio di Nintendo di una custodia in edizione limitata per 3DS dedicata a FaviJ, la qual cosa ha generato in internet un eco di indignazione tale che verrebbe quasi da chiedersi se davvero tutti quelli che si indignano non siano poi effettivamente fan di questo ragazzo (perché i fan, come gli indignati, sono decisamente numerosi…). La seconda, e forse più importante, è la mia recente presenza in alcune fiere italiane in cui non sono mancati gli immancabili palchi di youtuber assediati da frotte di ragazzini. A questo punto premiamo il tasto pausa e chiariamo (per l’ennesima volta) il mio pensiero sulla faccenda. Io NON ce l’ho con gli youtuber, sono un qualcosa che non mi fa né caldo né freddo come fenomeno di costume in sé ed anzi, la stessa Stay Nerd ha un canale YouTube con cui cerchiamo di dire scherzosamente la nostra. Sono uno di quelli che ci crede nel mezzo YouTube come strumento di diffusione sociale perché è evidente che negli anni abbiamo speso sempre più tempo su internet guardando video e questo non può che essere un segnale indicativo. Io ce l’ho con chi sul Tubo non ha nulla da dire, ma che al contempo si vende (o viene venduto) come gran maestro della comunicazione e, soprattutto, della cultura.
Questo pensiero si è particolarmente consolidato girando per fiere quando assistendo ad alcuni di questi “show” mi sono trovato dinanzi a situazioni imbarazzanti. I più di questi tizi, che si ergono a gran guru della comunicazione per giovanissimi, non hanno in effetti nulla da dire. Scadono rapidamente in situazioni banali, riempiono il tempo sul palco lanciando aeroplani di carta (no gente, è successo davvero) o riprendendo col cellulare i ragazzini che ai piedi del palco fanno la ola in stile stadio. Ok divertente pure per qualcuno, ma a che serve? Il messaggio qual è? Ma soprattutto perché affiancarli, fieristicamente parlando, a chi invece ha REALMENTE qualcosa da dire e che invece ha tra il pubblico giusto due o tre irriducibili, in una situazione che non solo è imbarazzante, ma crea anche un pochino di rabbia. E badate, perché non si parla di me o di Stay Nerd, non è una di quelle storie che vorrebbe dire “a noi nessuno ci caga e a loro si”. Parlo di persone che hanno un pedigree decisamente migliore del mio: scrittori, fumettisti, cineasti, sceneggiatori. Persone che spesso partecipano a queste fiere, che hanno momenti sul palco in contemporanea (ma su palchi diversi s’intende) con lo youtuber di turno e che finiscono per non parlare a nessuno. Perché? Che senso ha?
Al di la di quella che è la forsennata estasi che certi ragazzini provano nel vedere il loro idolo del tubo, mi trovo a riflettere su di un qualcosa di disarmante: la cultura muore. Non muore, ovviamente, a causa degli youtuber, che sono lì a macinare soldi e poco più. Ma muore nel momento in cui, pur pretendendo di proporre o fare cultura, si finisce inesorabilmente per idolatrare la pochezza culturale. Sembra un giro di parole, ma in effetti è così e lo testimoniano questi ragazzi che inneggiano a questa gente ergendoli a unici portatori del “verbo”. Cazzi loro dite? Bhe non tanto, perché non è certo una generazione, questa, che andrà al macello ed è anzi, quella sulla cui cultura si baseranno molte delle scelte del futuro, come in fondo è adesso per noi. Eppure vedo frotte e frotte di gente lamentarsi della situazione. Ne sento innumerevoli dire “basta, torniamo a fare qualcosa di serio, qualcosa di bello”, ma poi quando “il sistema” (chiamiamolo pure così) ci propina la solita solfa fatta di ola e aeroplani di carta, ecco che tutti corrono come i porci alla mangiatoia. In primis i genitori, che ovviamente non dovrebbero vietare ai loro figli di vedere gli youtuber (ci mancherebbe, non è mica un romanzo di Orwell), ma che nulla fanno per “contenere” o riassestare il tiro. Io non sono un genitore, non pretendo di insegnare nulla a nessuno, ma il piacere per un prodotto culturale, sia esso un film, un fumetto ma perché no anche un certo tipo di videogame, è un qualcosa che – se me lo permettete – posso dire di capire e conoscere. Ora no, mi sembra si sia fermi su di una pozza d’acqua piatta e ristagnante… a nessuno importa un cazzo però che non si vada da nessuna parte, ma paradossalmente ce ne lamentiamo tutti. “tanto – dicono loro – ho qui il mio 3DS di FaviJ con cui cazzeggiare”. #Amarezza #Lostaifacendosbagliato #Nonlamentartisepoilaculturamuore #evvivaildiodenaro