Fenomenologia del non-gamer per eccellezza
Come un famiglia contraria ai contraccettivi regala al mondo schiere di futuri disoccupati, così il mondo dell’enterteinment, in particolare quello dei videogames, si popola di nuovi follower. La differenza rispetto alla famiglia è che questa ha il buon gusto di tramandare sempre lo stesso corredo genetico, l’enterteinment no.
Nel corso degl’anni, all’aumentare dell’utenza è calata vertiginosamente la qualità della stessa. Ebbene sì, anche tua madre ora gioca ai videogames. Sia chiaro, non abbiano nulla contro tuo madre, però proprio lei, integerrima e spietata quando c’era da sbraitare nei confronti di quella scatola interattiva capace solo di distrarti da cose come lo studio e/o riordinare le tue T-shirt secondo la scala cromatica più in voga nella scorsa decade; proprio lei, mentre tu stai leggendo quest’articolo, con buona probabilità starà smanettando con qualche giochino idiota su smartphone o peggio ancora su Facebook. Davvero inconcepibile. Non sappiamo se tua madre sia in lizza per il premio nobel per l’ipocrisia, in ogni caso meriterebbe comunque una menzione d’onore. Da qui l’antitesi a quanto scritto fin’ora è scontata: i giochi per cellulare non sono minimamente paragonabili a produzioni tripla A (per molti non sono nemmeno videogames se proprio vogliamo dirla tutta), sia per qualità intrinseca del prodotto finale sia per impegno e dedizione richiesta all’utente finale. In parole più semplici: voi ce la vedreste vostra madre giocare a Dark Souls? Nel caso ci provaste, filmate il tutto. Non sia mai perdere un’occasione per diventare idoli inconsapevoli su YouTube.
Beh, è chiaro che titoli usa e getta o casual (ma quanto ci riempie la bocca dire casual?) sono diversissimi da quelli che noi appassionati innalziamo a opere d’arte eppure è altrettanto chiaro che il mercato non disdegna nessuno, è divenuto così vasto ed incontrollabile che ha finito per trasformare una passione da “gente strana” ad un fenomeno di massa. Il mercato ha ormai sradicato il concetto stesso di videogiocatore tipo, se prendiamo come due antipodi te e tua madre possiamo stilare (a che pro?) tutta una lista di sottocategorie e sfumature di appassionati quasi infinita. C’è l’hardcore games, c’è il proprogamers, c’è il casualone, c’è quello che compra solo i titoli più belli, quello che ne sa così tanto che si sente in dovere di dirti a cosa giocare e a cosa no, c’è quello che chiede a quell’altro di giocare in compagnia perché da soli è da sfigati e infine c’è tua sorella, sì, se c’è tua madre ci sarà sicuramente anche tua sorella. Da un punto di vista sociale la cosa può anche essere positiva, può far riflettere sulle capacità aggreganti del fenomeno, eppure quell’incoerenza di fondo che pervade il neo-user (sì, sempre lei) proprio non ci sta a genio. E’ svilente come si possa far inconsciamente parte di un mondo aspramente criticato fino a qualche anno fa. Lo stesso vale per tutti quelli che non hanno mai visto di buon occhio il videogaming in generale e non vogliamo certamente puntare il dito contro madri preoccupate per i propri figli. Più che altro si vuole far riflettere sulla totale incontrollabilità del mercato (inteso come strumento veicolante del medium videoludico) e del suo evolversi e al tempo stesso perdere parte di quel suo fascino “primordiale”. Non sarà né la prima volta né l’ultima che sentirete parlare male del casual gaming. La colpa è forse degli sviluppatori? Ah sì, che gran bastardi loro che cercano di guadagnare sul proprio lavoro. Dovrebbero vergognarsi. La colpa è del Nintendo Wii? Ovvio! Sempre e solo quella dannata console entrata sul mercato quando i tempi erano già più che maturi per un’inversione della qualità. La colpa in realtà non è di nessuno e al tempo stesso è di tutti. Del resto anche gli appassionati, quelli veri, non hanno forse la colpa di acquistare DLC inutili, edizioni limitate che tanto limitate non sono, console al day one che sono tutt’altro che complete e così via. Insomma, siamo sicuri di essere noi gli acquirenti intelligenti, paladini della qualità e del rispetto della passione? Allora chi è oggi quel tanto odiato casual gamer, se certe volte anche l’hardcore si comporta da totale imbecille? La risposta più semplice alla domanda è che il causal gamer è tua madre. Scusate non abbiamo resistito. In realtà lei, e non volendo essere troppo maschilisti anche tuo padre e tuo nonno, vanno considerati non-gamer, ovvero come persone che pur utilizzando un qualche forma di videogames, non vanno considerati videogiocatori. Per farvi un esempio più terra terra, fare una partitella a calcio con gli amici non vi rende Leo Messi. Tornando all’argomento principale possiamo affermare che è casual chiunque si approcci a qualunque cosa in maniera del tutto occasionale. Chi vive inconsapevolmente un passione. Chi si limita ad osservare la superficie di un universo vastissimo senza preoccuparsi di definire ogni aspetto di quell’universo stesso. Vista così non è forse una passione ben più genuina e semplice della nostra?