Abbiamo intervistato per voi, Mauro Perini, concept artist di Ubisoft
In quel di Lucca abbiamo avuto la possibilità di intervistare Mauro Perini. Mauro, oltre che un talentuoso Concept Artist per Ubisoft, è anche un grande esperto ed appassionato di videogames. Gli abbiamo posto delle domande sul suo lavoro in Ubisoft e, più in generale, sul mondo dei videogames. Nell’articolo oltre che le risposte alle nostre domande, troverete anche alcuni dei suoi lavori. Tutti consultabili al suo portfolio online.
Grazie per aver accettato l’intervista. Per iniziare ti va di raccontarci un po’ quella che è stata la tua carriera, le tappe fondamentali e le cose che ti sono piaciute di più?
Mi sono avvicinato tardi a questo mondo, visto che avevo paura che mi annoiasse; per questo la mia formazione professionale è più che altro scientifica. Poi ho scoperto l’esistenza dell’istituto Europeo di Design, circa 25 anni fa. Lì ho trovato la mia vera vocazione professionale, ho lavorato nell’ambito dell’editoria pubblicitaria, dell’infanzia e scolastica. Per caso poi mandai il mio portfolio a Ubisoft. All’epoca il lavoro del grafico era molto diverso, stiamo parlando di tecnologie come il Gameboy Color, quindi essenzialmente pixel-art completamente diversa dall’odierna grafica iperrealistica. Con l’avanzare della tecnologia anche il lavoro del grafico è cambiato, ho dovuto apprendere, anche grazie ad Ubisoft, l’utilizzo di software moderni come photoshop e quindi accantonare quelli che sono gli strumenti classici come acquarelli, acrilici, olio.
Nel tuo lavoro di concept artist, preferisci sviluppare personaggi o ambientazioni che siano essere interne o paesaggistiche?
Essendo quello di Milano uno studio non molto grande, quello che richiesto è la capacità di saper fare entrambe le cose, impiegando lo stesso tempo e con un altissima qualità. Personalmente prediligo il character design, quindi la creazione dei personaggi. Da sempre preferisco lo studio dell’anatomia del personaggio che sia esso realistico o meno, considerando anche l’abbigliamento in modo da contestualizzarlo e far si che il personaggio attraverso il suo aspetto esprima il suo vissuto.
Questo è interessante, ad esempio la serie di Assassin’s Creed è famosa per la caratterizzazione dei personaggi, tant’è che alcuni di essi sono diventati iconici diventando delle vere superstar del videogame. Come si concepiscono personaggi così?
Il percorso non è breve, con personaggi di questa portata e che diventano famosi a livello globale, magari nascono in maniera completamente diversa da come poi vengono mostrati nella loro forma definitiva. Magari un personaggio potrebbe essere addirittura donna! Durante la produzione ci si rende conto che alcuni aspetti non funzionano e che bisogna resettare le idee e iniziare da capo. Nel caso di Assassin’s Creed che avete citato, c’è un grosso lavoro ricerca storica, lo studio delle ambientazioni (così come i personaggi) ha richiesto un lavoro di ricerca molto dettagliato e preciso. Riuscire a far diventare un personaggio una vera superstar, non è solo merito di un’artista ma anche di quello che gli sta intorno, in quest’ottica anche il marketing assume un ruolo significativo, che in alcuni secondi di trailer ad esempio deve riuscire a rendere accattivante un personaggio, così come facendo delle scelte sbagliate non si riesce a presentare un personaggio nella maniera opportuna anche se alla base si ha dell’ottimo materiale, ad esempio il successo di Altair e gli altri è arrivato anche alla spettacolarità delle azioni mostrate e che di fatto li rende unici.
Il lavoro di ricerca che si fa nei confronti di personaggi come quelli di Assassin’s Creed, è davvero poderoso. Possiamo anche immaginare il lavoro di caratterizzazione di personaggi noti come Leonardo da Vinci, che devono andare incontro a canoni visivi che sono dati dal fatto che il personaggio sia noto e che le persone si aspettano che abbia lo stesso aspetto nel videogame. Come invece ci si relaziona con quei personaggi storici non molto famosi che magari vengono scoperti dai più proprio nel gioco?
E’ interessante e stimolante, per quanto sia veramente difficile. In Assassin’s Creed, Leonardo da Vinci, ci viene mostrato giovane per cui sostanzialmente quasi sconosciuto, poiché solitamente nei suoi autoritratti è barbuto… ed avanti con l’età. Qui c’è addirittura un personaggio che di per se spalleggia il protagonista, esprimendo doti nascoste come quello di assassino. Per quanto riguarda personaggi storicamente poco conosciuti, il lavoro si fa un più complicato perché non hanno un nome altisonante e riuscire a far sì che l’immaginazione del giocatore venga catturata da questa persona è difficile. Quindi non solo ricerca storica e contestualizzazione… ma se non ci sono sufficienti informazioni per dargli un volto, bisogna riuscire a immaginare quale siano le aspettative di chi gioca e renderlo più o meno interessante anche in base al peso del personaggio che ha nella storia del gioco. Se ad esempio è un personaggio è positivo, bisogna creare immedesimazione, se si tratta di un’antagonista, bisogna riuscire a creare antipatia verso quel personaggio.
Da un punto di vista artistico, sviluppare un videogame è diverso da un fumetto. Basti pensare all’utilizzo di tecniche digitali piuttosto che pennelli e china. Tu credi che il digitale sia il futuro della multimedialità o bisogna tenere un forte legame con le origini?
Effettivamente la contrapposizione c’è, e io ne sono l’esempio, nasco come tradizionale e poi lavorando ho imparato le tecniche digitali. Prima di tutto un’artista digitale emergente non ha le basi tecniche che può avere un’artista tradizionale, d’altro canto il digitale permette di superare gap che altrimenti, con techiche oldschool, sarebbero insormontabili. Con questo non voglio dire che il digitale sia più utile a chi ha meno talento, anzi non va considerata un’arte minore ma va usata al meglio. Secondo me sia un genere d’artista che l’altro, dovrebbero avere l’umiltà di accettare tutto ciò di positivo che c’è nel lavoro altrui. Il digitale, per un discorso di tempistiche, è la risposta al mercato di adesso che richiede prodotti di altissima qualità realizzati nel minor tempo possibile.
C’è In italia, e nel mondo, il crescente fenomeno del mercato indie, almeno per quanto riguarda il videogame. In un mercato le cui dinamiche in cui gli indie sfidano blockbuster come Assassin’s Creed e Destiny, ha senso questa sfida?
Purtroppo, spesso chi ha passione e idee, è schiacciato dai costi, poiché diventa difficile affrontare produzioni grosse come quelle sopracitate. Al di là delle produzioni, un grosso scoglio è rappresentato dal marketing, anche chi ha un prodotto valido necessita comunque del marketing per emergere, il tutto considerando che a volte i costi pubblicitari possono anche superare il 50% dei costi totali.
Su quale periodo storico ti piacerebbe lavorare in futuro per Assassin’s Creed?
Onestamente come artista sono molto legato, anche per hobbystica personale, al periodo medioevale, già comunque ampiamente affrontato nella saga.
C’è quello cinese pero!
C’è quello cinese, c’è tutto una serie di supposizioni dove potremmo arrivare a vedere la serie. Nel mondo orientale, da un punto di vista medievale, c’è tutta una serie di cose da vedere molto interessanti. La butto lì, anche una seconda guerra mondiale sarebbe interessante.
Assassin’s Creed, così come altri prodotti Ubisoft, gode di un supporto di merchandising e rielaborazioni quasi alla soglia dell’arte… come affronti il lavoro di altri artisti sulla tua stessa opera?
Ne faccio un discorso di umilità. Sicuramente un senso di appartenenza è importante, sentire propria una creazione rende il prodotto sempre il migliore possibile. Allo stesso tempo però ci vuole l’umiltà di accettare che, raggiunti determinati risultati, l’opera susciti nel pubblico un’immaginazione tale che, chi ne ha la possibilità, si cimenti in una sua visione personale di quel personaggio, ed accettare, entro nei limiti del copyright, eventuali alterazioni al personaggio. Ritengo che queste cose siano positive, le accetto volentieri e penso siano espressione del successo del lavoro di un’artista.
A quale prodotto di altre società o publisher guardi con ammirazione?
Sostanzialmente a tutti. Oggigiorno c’è un livello di qualità talmente alto in tutte le produzioni. Personalmente prediligo le produzioni americane, ad esempio lo stile di Naughty Dog che più si avvicina al mio modo di divertirmi videoludico.
Quindi ti è piaciuto The Last of Us?
Assolutamente sì. Personalmente lo metterei al primo posto tra i prodotti che sono usciti ultimamente. E’ la summa della tecnologia e dell’espressione artistica e di un lavoro di squadra eccezionale, testimoniati anche dalle ottime vendite.
Assassin’s Creed, così come altri brand, sono rivolti ad un pubblico che potremmo definire come “giovani adulti”, giocatori quindi abituati a contenuti maturi, benché in Assassin’s Creed la violenza non sia smodata, si tratta comunque di contenuti adulti. Come guardi invece quei prodotti, che quasi abbandonano l’approccio ludico, per affacciarsi ad un contesto completamente maturo come i lavori di Quantic Dream?
Personalmente non amo molto questa tipologia di gioco, perché preferisco approcciarmi ad una tipologia di gioco che mi lasci evadere da quello che vedo tutti i giorni. D’altra parte ammiro la capacità di rendere incredibilmente reali certe opere… pensando anche al futuro in cui arriveremo alla tanta agognata realtà aumentata che, facendoci giocare realmente in prima persona, potrebbe essere una vera svolta.
Un’ultima curiosità: la cosa più incredibile che vedremo in Assassin’s Creed Unity, da un punto di vista estetico-artistico?
Io credo che il lavoro fatto sugli environment sia qualcosa di stupefacente, anche grazie alle nuove console. La capacità di riuscire ad immedesimare la persona è ormai a 360°. E’ un capitolo che nella miglior maniera possibile corona quanto fatto nei capitoli precedenti.
Grazie mille per l’intervista!
Grazie a voi!