Se avete seguito Stay Nerd, avrete sicuramente notato il nostro articolo riguardo ai problemi che abbiamo avuto con il Season Pass di Dark Soul 2, problemi che poi Sony ha risolto – non con troppa fretta – e che quindi mi hanno permesso di riscattare il contenuto aggiuntivo per recensirlo.
Trattatasi di The Crown of The Old Iron King, secondo capitolo della serie Corone Perdute, che gli sviluppatori hanno deciso di rilasciare con cadenza mensile. Nonostante i problemi ci siamo approcciati al dlc senza alcun pregiudizio, non avevamo l’intenzione di essere negativo e di lasciarci influenzare dalla brutta esperienza.
The Crow of The Old Iron King come il nome suggerisce ci fionderà nei territori del vecchio Re di Ferro, ovvero nel periodo prima che Forte Ferreo crollasse quasi completamente nella lava. Saremo sinceri, ci aspettavamo una lore o più in generale una trama più ricca di contenuti e dai contorni più lineari; non prendeteci per sciocchi, sappiamo benissimo che in Dark Souls, a maggior ragione nel secondo capitolo, tutto ciò che è lore è figlia più di speculazione che di dati certi, ma c’è da dire che in The Crown of Sunken King, vi si delineava una cronistoria più dettagliata. Giocando al primo DLC si aveva l’impressione di vivere un minicapitolo del gioco principale, con i suoi miti e le sue leggende; insomma Shulva è un microuniverso coerente in un mondo fatto di contraddizioni ma, allo stesso modo, ha in sé quella capacità di raccontare una storia lasciando veramente poco all’immaginazione. Avevo molte aspettative per The Crow of The Old Iron King perché, essendo direttamente collegato ad una zona (tra le più belle a mio avviso) del gioco principale era lecito aspettarsi molte informazioni sul passato di Forte Ferreo.
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Con questo non vogliamo dire che in The Crow of The Old Iron King, non ci sono informazioni utili, anzi si viene a conoscenza di molte cose interessanti: vedi l’origine dei cavalieri di Alonne, vedi l’utilizzo del ferro e del fuoco per creare armature animate, vedi Nadalia altro frammento di Manus e così via; ciò che manca (o almeno è mancato a me) è un quadro d’insieme più corposo. Come detto vivremo quest’avventura nelle Terre del Vecchio Re di Ferro, lo scenario ci appare subito vastissimo. Ci troviamo su un’immensa Torre, in lontananza possiamo osservare altre torri ed ammirare lo splendido paesaggio. Tutto è diroccato, pieno di cenere e fumo, segno che il Re ha già perduto il possesso di questo territorio, abbandonandolo a se stesso. Per ciò che riguarda l’esplorazione, The Crown of The Sunken King, si presentava enormemente aperta nel primo tratto, per poi richiudersi su stessa nelle ultime battute; in molti hanno descritto quel livello come un cono, usando un parallelismo simile potremo dire che The Crow of The Old Iron King è un insieme di cilindri, di fatto andremo quasi esclusivamente ad esplorare quelle torri di cui parlavamo prima. La verità è che l’intera esplorazione di questo secondo DLC, non ci ha convinti completamente. Pur trovando veramente interessanti le location da un punto di vista puramente estetico, siamo un po’ delusi per ciò che riguarda l’esplorazione in senso stretto. Ci sono tanti, tantissimi segreti ma purtroppo non si avverte mai quella sensazione di “vastità”, non ci si ritrova quai mai a percorrere un sentiero pensando all’altro lasciato alle spalle. Ci sono vari bivi, e alcune piattaforme e porte “bonus”, questo sì, ma ogni singola area non è mai troppo grande e dispersiva. Nel complesso dobbiamo pensare a The Crow of The Old Iron King come un livello atto più a sfidare il giocatore, a distruggerlo nell’animo per via del ritmo forsennato, piuttosto che lasciarlo a bocca aperta per l’esplorazione e per l’interazione ambientale.
Dicevamo, tasso di sfida. Possiamo affermare senza alcun dubbio che The Crow of The Old Iron King è la parte più difficile di Dark Souls 2. Che poi non si tratta nemmeno di difficoltà in senso stretto, gli inglesi usano la parola “challenging”, che in Italiano si può tradurre sia come difficile che impegnativo e stimolante, credo descriva a perfezione il livello di sfida di questo contenuto. In molti storceranno il naso, in effetti alcune aree sembrano avere una difficoltà davvero senza senso; più che singoli nemici difficili da battere, From Software ci piazza nello stesso posto, arceri, maghi e dei giganti che hanno output damage incredibile. Il tutto in uno spazio in cui non è possibile tornare indietro e né ripararsi. Un intera sezione è ricca di questo espedienti: piccole aree, tanti nemici. Il primo impatto è davvero infame, ci si arrabbia e quasi ci viene voglia di spegnere la console, poi ci si calma e si capisce. Esclusa qualche area, c’è sempre un modo più semplice per uscirne indenni: si sfrutta qualche punto strategico, ci si affida a qualche evocazione, si provano percorsi alternativi. Insomma tutto ciò che la serie souls ha provato ad insegnarci sul gaming lo ritroviamo qui, solo che è un corso accelerato e dobbiamo imparare (di nuovo) in fretta. Discorso simile va fatto anche sui boss; ce ne sono tre in tutto. Uno – e lo diciamo con estremo rammarico – non è altro che una skin alternativa di un boss già presente nel gioco completo, solo che fa leggermente più male. Questa scelta ci ha davvero deluso, nessun moveset particolare, nessuna introduzione al “nuovo” boss che ne giustificasse la presenza, solo un vuoto riciclaggio per risparmiare soldi e tempo. Per fortuna From Software si è fatta perdonare adeguatamente con gli altri due boss, sicuramente tra i più belli dell’intero capitolo. Challenging è di nuovo la parola adatta per descriverli, nonostante la sfida non sia di per sé molto proibitiva, i nemici in questione non vi lasceranno un attimo di tregua; sono aggressivi e fanno veramente male. Da veri sadici li abbiamo affrontati e sconfitti a NG+++ e vi assicuriamo che, almeno per noi, non è stata una passeggiata. Il livello di difficoltà, parlando per sommi capi, è stato decisamente rivisto verso l’alto rispetto a quanto visto in The Crow of The Old Sunken King, che vi piaccia oppure no, questo è il lavoro che fa From, questo è Dark Souls. Siamo sempre lì, si chiude sempre il cerchio. Del resto, It’s all a curse…