Voglia di horror? No,voglia di Mikami!
Non manca poi molto alla realese di un gioco che ci riserverà molte sorprese (speriamo positive), anche alla luce di non aver goduto (e per fortuna aggiungo io) della tipica maxi campagna marketing da quattordici trilioni di screenshot e altrettanti video che si riserva oggigiorno a qualsiasi gioco AAA. Questo probabilmente perché The Evil Within non fa parte della categoria, ma sembra più una mid-production di quelle che paradossalmente, a giudizio di chi vi scrive, si sono rivelate le vere perle di questa generazione come ad esempio Vanquish o Shadows of Damned. Due titoli inseriti non a caso nei miei sproloqui, visto che parliamo in entrambi i casi del coinvolgimento di Mr.“Resident Evil” Mikami, “assoldato” da Bethesda per riportare in auge il genere dell’horror, o almeno di quello in salsa nipponica. Senza dilungarci troppo in analisi di cose sotto gli occhi di tutti, c’è francamente non molto da analizzare a oggi: gli ingredienti principali, a giudicare dal materiale pubblicato, paiono esserci tutti. Un manicomio/edificio spettrale dentro al quale è difficile discernere tra gli abomini reali, paranormali o quelli che sono solo nella nostra testa. Stanze e corridoi sporchi, macchiati di sangue, oscuri e diroccati. E ultimo ma non ultimo, un protagonista cliché tra i cliché, Sebastian Castellanos, intrepido investigatore tutto d’un pezzo che si troverà suo malgrado costretto a esplorare la suddetta macabra area (e a quanto pare zone limitrofe, con sommo gaudio per la varietà delle location). Musiche, dettagli e contesto sanno di già visto per ora, ma d’altra parte si tratta di capisaldi del genere che fa piacere ritrovare di tanto in tanto. In fondo se vuoi “spaventare” e non ti ispiri a Romero con Zombi, case infestate & affini, probabilmente stai producendo un nuovo Dead Space o Siren, ispirandoti comunque a un iconografia marmorea e incisa con lo scalpello nel nostro cervello come quella di Ridley Scott o della filmografia horror asiatica, c’è poco da girarci attorno. Mi sento quindi sicuramente di non condannare ne elogiare la base di partenza su cui si erge il prodotto, considerandola appunto una semplice base, perché tutto si gioca (letteralmente) nell’uso che ne verrà fatto.
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Orrore da giocare
Non voglio nasconderlo, personalmente mi aspetto un titolo vincente, ma probabilmente perché so COSA aspettarmi. Per quanto infatti i riflettori vengano puntati sulla paura e sulla suspance, non mi aspetto il gioco da cardiopalma definitivo, non da Mikami. E sapete una cosa? Forse nemmeno lo vorrei. Certo Mikami è l’uomo del primo Resident Evil, dei cani che sfondano le finestre che hanno fatto venire un coccolone a mezzo mondo di videogiocatori negli anni novanta. Ma l’autore giapponese non è solo questo, è diventato negli anni, molto di più. Suoi sono infatti moltissimi dei titoli più “cacciaroni”, dinamici e squisitamente action delle ultime due generazioni (come God Hand o il sopracitato Vanquish) che rivelano una natura diversa del game designer, per certi versi in totale antitesi rispetto alla drammatica pacatezza dei survival horror. E se volete un gioco bello ma soprattutto divertente, fidatevi (si fa per dire naturalmente…) e sperate con me che con The Evil Within il buon Shinji dia il meglio di sé anche da questo lato. Non è un caso se infatti uno dei suoi migliori giochi (con buona pace dei puristi “questo non è un vero Resident Evil gnegnegne”) è proprio quel Resident Evil 4 che unisce cosi bene sia la forte capacità di creare scenari horror/gore pacchiani ma funzionanti e funzionali, sia una visione precisa, lungimirante (per l’epoca), determinata e altrettanto vincente di game e level design.
Attraversare il Luna Park degli orrori dal villaggio dei Ganados fino alla fine dell’avventura, risultava un concentrato di divertito “gun-play” versatile e appagante, ritmo e coinvolgimento. E dire che la tensione comunque non mancava e speriamo non manchi nemmeno nel prossimo nascituro di Tango Games. Una tensione che non nasce più dallo script del corvo che improvvisamente vi morsica la nuca o dell’accettata in fronte che non ti aspettavi. Ma piuttosto dalla capacità di creare suspance interattiva e sempre “diversa”, dipendente dalle azioni del videogiocatore, in cui mentre ti dimeni e fai lo slalom tra brutti figuri hai piena libertà di azione, senza toglierti il catartico momento quasi orgasmico dello scaricare piombo e tensione su tutto ciò che vi circonda.
La lunga sequenza di The Evil Within vista e rivista in cui appesi come salami dentro una specie di perverso mattatoio, cerchiamo di eludere l’attenzione del bestione macellaio che ci ha imprigionato in una sequenza simil stealth, sembra diretta sicuramente in maniera decorosa e per qualcuno sicuramente, rappresenta quello che dovrebbe essere lo spirito angosciante intero dell’opera. La messa in scena, l’audio e la regia, sicuramente paiono amalgamati con mestiere, ma vorreste mai un gioco tutto cosi? Vi aspettate davvero un Survival Horror con la S maiuscola in cui verosimilmente le vostre capacità offensive e di mobilità siano sacrificate al servizio del tentativo di generare momenti da cardiopalma che sinceramente vedo comunque difficili passati i 14 anni di età (e forse anche meno visto quanto è smaliziata la gioventù odierna)? Io dico no, pena un gioco noioso, sempre uguale a se stesso, e soprattutto lo svilimento delle mille potenzialità di un titolo targato Mikami. Un FOV (o campo visivo che dir si voglia) alla Resident evil 4 gestito come si deve tra immersione e leggibilità (laddove molti illustri eredi della “camera in seconda persona” di questa generazione hanno fallito nel trovare il giusto equilibrio), gameplay “burroso”, balistica precisa e concreta, personaggi e nemici esteticamente carismatici e geniali situazioni a tematica horror è quanto mi basta! E per quanto visto, niente esclude che i miei desideri vengano esauditi (ma nemmeno li conferma in toto). Il comparto grafico seppur trattenuto dalla natura cross-platform del titolo sembra avere molta personalità, nonostante ci è sembrato di scorgere qualche caduta di framerate. Qualsiasi altra considerazione tecnica risulta davvero prematura non avendo ancora la minima visione dell’estensione totale del gioco. Insomma, mi aspetto un action (si ACTION) horror di tutto rispetto che sappia creare atmosfera senz’altro, ma non si limiti a renderci spettatori di un passivo teatrino degli orrori.
Un grosso punto interrogativo resta quanto riuscirà a eludere continue reminiscenze di Resident Evil 4, ripescandone l’impianto in maniera palese, ma vogliamo avere fiducia. Insomma, oltre la coltre di dichiarazioni che lo etichettano come un gioco che avrà la pacatezza di un Silent Hill o un Resident Evil vecchia scuola (ma è mai esistita poi o si trattava solo di limiti tecnici? OK, ok, non divaghiamo…), chi sa scorgere i segnali giusti e soprattutto conosce i trascorsi del nostro uomo, sa che probabilmente c’è dietro dell’altro (e non per questo peggio… anzi). Non ci resta che aspettare ottobre per capire quanto effettivamente il caricatore delle nostre bocche di fuoco sarà limitato. Mikami! A noi non ci freghi!!!O forse si…