Lorenzo Foltran rende i videogiochi poesia nella sua raccolta intitolata Il tempo perso in aeroporto
Di saggi e romanzi sui videogiochi la produzione letteraria è ricca, inclusa quella di matrice italiana. È tuttavia raro che i titoli videoludici vengano raccontati, dissezionati, scandagliati dalla poesia. Forse perché le parole, quando messe in versi, toccano in maniera profonda il lato intimo, emotivo, personale di chi scrive e di chi legge. Un’interpretazione che mal si accosta ai videogiochi, almeno nel pensiero comune, focalizzato sugli aspetti più tecnici e tecnologici, in cui a vincere è l’oggettività. Eppure ne Il tempo perso in aeroporto, raccolta di poesie edita da Graphe.it, Lorenzo Foltran trova l’ispirazione – e forse il coraggio? – di parlare di sé, della sua concezione di tempo, perduto ma vissuto, anche attraverso i videogiochi, qui resi poesia.
“Nel mezzo del cammin della mia vita,
sono stato le donne, i cavalieri,
gli idraulici baffuti e i porcospini.
Incantevoli sogni interattivi,
giocati non su letti, ma divani”
Sogni Interattivi
Super Mario Bros., Tetris, Pac-Man diventano metafore di una fuga costante verso mondi fantastici che però dietro celano le ansie della realtà, racchiuse nello scorrere soffocante del tempo, che tutto rende inafferrabile. Un aspetto messo in rilievo sia nella prefazione, scritta dal poeta lussemburghese Jean Portante, sia nella post-fazione del critico Claudio Cugliandro, che non a caso parla di «era cronofagica», in cui il tempo libero viene colpevolizzato in quanto improduttivo. Tali sentimenti impregnano i componimenti della raccolta, che è tripartita [Giorni senza calendari – Sogni Interattivi – Adesso]. Solo la parte centrale è dedicata ai sogni interattivi fatti di pixel: in essa, pagina dopo pagina, Lorenzo Foltran viaggia tra i titoli videoludici, in un percorso cronologico che inizia con le pietre miliari degli anni ‘80 e si conclude con NieR: Automata.
“Arrivano dal nulla i blocchi problemi,
si incastrano tra loro in forme diverse.
Alcuni più adatti al contesto, al caso,
lentamente si posano e scompaiono.
Senza traccia il passaggio è lasciato
a mattoni e incertezze maggiori”
Tetris
Nel mezzo ci sono Psychonauts, Bioshock, What Remains of Edith Finch e molti altri titoli, per un totale di diciassette citati. In questa sede non è però importante il rigore cronologico, né la quantità e la qualità dei videogiochi annunciati nell’indice. Come detto nell’introduzione, questi vengono scardinati in un modo a cui non siamo abituati: il poeta si concentra sulle peculiarità dei singoli titoli, siano esse un dettaglio come i capelli di 2B o l’intera essenza come la solennità del viaggio di Link, per tracciare un parallelo tra le preoccupazioni virtuali e quelle reali.
“Nella psiche di ognuno si nascondono
impensabili mostri e paure inconsce,
bagagli emozionali che si perdono
in foreste moderne di non-luoghi”.
Psychonauts
Vi è però una sostanziale differenza tra i due mondi: i videogiochi restano comunque un’ancora sicura e ferma, specie se riguarda l’infanzia. Anche una volta entrati al loro interno, tramite alter-ego, non ci lasciamo vincere dalle difficoltà, grazie a una serie di appigli propriamente videoludici (chackpoint, salvataggi), fondamentali per arrivare al termine del percorso. Una conclusione che nella vita di tutti i giorni diventa assai più difficile da raggiungere, poiché le certezze diventano incertezze, e dunque paure.
“Senza poter salvare, continuare,
salire di livello
non come “giocatore uno” ma come
“persona non giocante”
Continuare senza salvare?
Il tempo perso in aeroporto, con la sua parte dedicata ai videogiochi composta da diciannove componimenti, è un’opera originale, forse difficile da approcciare per chi ha sempre letto del videogioco tramite la prosa, perché richiede un adeguato grado di empatia e apertura interiore. In generale si presenta come un esempio oltremodo interessante, creativo e sensibile per esaltare il medium e la molteplicità di ruoli che può avere, in questo caso di metafora della vita nella società di oggi, frenetica e famelica.