Al View Conference di Torino, abbiamo avuto il pacere di intervistare Kim White, che lavora in Pixar Animation Studios fin dal 1997. Tra i suoi vari meriti, ha contribuito a modellare e illuminare l’animazione di “A Bugs Life”, “Toy Story 2”, “Monsters & Co.” e “Gli Incredibili”. In “Alla ricerca di Nemo” è stata la Reef Unit Lighting Lead e il supervisore dell’illuminazione in “Ratatouille”. Recentemente si è occupa della direzione fotografica dell’ultimo film dello studio, Cars 3.
Benvenuta Kim e grazie per il tuo tempo.
Qual è stato il tuo percorso all’interno dello studio?
Ho deciso di voler lavorare in Pixar dopo aver visto Toy Story. Il primo progetto a cui ho partecipato è stato A Bug’s Life nel 1997, lavorando come shot layer e modeling prompt. Con il tempo ho cominciato ad avere maggiori responsabilità nel mio lavoro. Ho continuato a svolgere le stesse mansioni per Monsters & Co., mentre durante lo sviluppo di Alla Ricerca di Nemo mi sono occupata dell’illuminazione della barriera corallina, fino ad arrivare, due anni dopo, a supervisionare l’illuminazione di Toy Story 2, sotto la guida di Sharon Calahan, direttrice della fotografia di Alla Ricerca di Nemo e Toy Story 2.
Prima di Cars 3 mi sono occupata di Inside Out, ma anche quando non sono direttamente a lavoro su un progetto, c’è un intero dipartimento di “illuminatori” da supervisionare e gestire, sia come team che individualmente, quindi il carico di responsabilità è decisamente aumentato con il passare del tempo.
Quanto è importante essere entusiasti di quello che si realizza, all’interno del tuo lavoro?
È importantissimo, forse la cosa più importante. Io amo ciò che faccio e trovo ispirazione in ciò che mi circonda, nei film che guardo, nel lavoro delle persone intorno a me. L’entusiasmo è ciò che mi fa andare avanti.
L’illuminazione ha un ruolo predominante nel creare l’atmosfera del film. Qual è la differenza tra l’illuminazione in una pellicola realistica come Cars e una più fantastica, per esempio Inside Out?
In Cars 3 abbiamo usato nuove tecnologie per avvicinarci ancora di più al fotorealismo, nonostante l’umanizzazione delle auto, mentre lavorando su Inside Out non potevamo applicare la stessa ricerca della verosimiglianza col mondo reale, perché buona parte della storia si svolge all’interno della mente della protagonista. Quando hai a che fare con un mondo di immaginazione la sfida è molto più tosta, perché non hai riferimenti definiti: tutti sappiamo come è fatta una macchina, questo rende la progettazione più semplice, ma ci sono ostacoli diversi da affrontare, a seconda del contesto e delle ambientazioni su cui stai lavorando.
Quanto sono importanti le fonti visive?
Molto. Prendo ispirazione da foto, dipinti; per Cars 3 abbiamo fotografie su fotografie di terreno fangoso, con mille sfumature che vanno dall’ocra polverosa delle nuvole di terra al terra di siena bruciata della melma più densa.
In Cars 3 vediamo un grande passo avanti dal punto di vista tecnico, rispetto agli altri due capitoli della saga.
Se guardi i tre film di seguito, ti accorgi di quanto siano diversi l’uno dall’altro, ma ci siamo impegnati a mantenere una coerenza visiva. Il franchise di Cars è sempre stato quello più all’avanguardia per quanto riguarda il fotorealismo, le automobili permettono di sperimentare grazie alla carrozzeria, ai riflessi, ma se guardi Saetta McQueen è sempre lo stesso Saetta del primo film. Il nuovo personaggio, Cruz Ramirez, è in qualche modo molto simile al nostro protagonista, a partire dal colore, primario anche in questo caso, e non ha dato molti problemi dal punto di vista dello sviluppo tecnico, però abbiamo pensato molto al suo design, perché doveva sembrare una macchina da corsa, ma essere allo stesso tempo diversa da tutte le altre e non volevamo che fosse soltanto un’altra Saetta Mcqueen.
All’inizio della tua carriera hai lavorato nell’industria videoludica, ti manca quell’ambiente?
Mi piaceva molto lavorare in quel settore, mi sono davvero divertita, ma non mi manca particolarmente. Amo ciò che faccio ora in Pixar, perché posso supportare le storie con il mio lavoro. La prima domanda che mi faccio, quando iniziamo a lavorare a un nuovo progetto è proprio questa: cosa vogliamo raccontare e come posso aiutare la storia con l’illuminazione.
Hai mai pensato di occuparti di fotografia e illuminazione per un film in live action?
In realtà no: sono profondamente innamorata dell’animazione, fin da bambina l’ho preferita ai personaggi reali. Finché ci saranno nuove tecniche da sperimentare in questo settore, non me ne andrò, e ci sono così tanti esperimenti da fare ancora, così tante tecnologie che cambiano a un ritmo vertiginoso, che sarò impegnata per il resto della carriera. Rimango fedele al mio primo amore, anche se i live action mi aiutano molto a trovare l’ispirazione.