Il ritorno dei Vichinghi su piccolo schermo!
Dopo un anno di attesa interminabile ritorna sui nostri schermi l’apprezzatissima Vikings, che con il finale della sua terza stagione aveva lasciato i suoi spettatori non solo stupiti, ma anche carichi di una certa attesa per il futuro di Ragnar e dei suoi compagni di razzie. Ora, con l’inizio della quarta stagione, il serial di History Channel (già un punto di riferimento per il genere dello “storical drama” con venature di epica nel senso più classico del termine) si prepara ancora una volta a coinvolgere e stupire i suoi spettatori, con una trama che, già dalla premessa della premiere, sembra equamente divisa tra azione e introspezione.
Ciò lo si deve al modo intelligente con cui i personaggi, tutti, sono cresciuti e si sono evoluti nel corso degli anni, lasciando anche posto a quelle che erano le loro ambizioni originali, ampliando i propri orizzonti e mettendo in discussione le loro frequenti prese di posizione. “Travolgente”, è così che ho sempre trovato lo script di Vikings, costantemente in bilico tra realismo, esoterismo, religione e pura azione. Ragnar, che in tal senso è stato l’uomo d’azione per eccellenza, incapace di stare al proprio posto, rimette ora in discussione se stesso, regalandoci un pilot in cui più che determinato sembra rassegnato, stanco, provato, desideroso non più di vivere ma di lasciarsi andare alle baccanali della sala del Valhalla, per lui ancora irraggiungibile. Piegato nel corpo e nella mente, Ragnar non smette comunque di essere artefice degli eventi della propria vita, e mai vittima. Devastato per la morte di Athelstan per mano di Floki (ora in catene su sentenza di Bjorn), Ragnar percepisce che l’equilibrio attorno a sé sta per spezzarsi, con alcune figure che sembrano non essere più convinte della sua guida e del suo giudizio, e ciò nonostante la lealtà incondizionata del suo popolo. E così non bastasse Rollo, ad aver definitivamente tradito il fratello in virtù dell’appoggio del Re Parigino, anche dall’interno del gruppo si percepisce lo spettro di una guerra intestina che, ne siamo certi, prima o poi arriverà. Vuoi per lo scalpitante desiderio della stirpe dei Ragnarsson di voler trovare il proprio posto nel mondo (con un Bjorn ormai definitivamente entrato nella cerchia degli uomini e dei guerrieri) vuoi per la titubanza della Regina Aslaung, apparentemente intenzionata a trasformare il patriarcato normanno in un matriarcato a suo nome.
Vikings, insomma, offre una premiere che non delude e che ritesse in modo preciso e puntuale le trame rimaste sospese nella terza stagione, partendo dal tradimento di Floki, passando per il destino di Rollo, sino a quello di Lagertha, ora in combutta con lo stesso Kalf che l’aveva originariamente spodestata. Quello che era un dramma con protagonista un uomo e la sua sconsiderata ambizione di diventare leggenda, è oggi, a quattro anni distanza, un meraviglioso ed avvincente racconto corale, in cui le storie, come i fili dell’arazzo delle Norne, si uniscono in un’unica fittissima trama, ricca come sempre di colpi di scena che portano, in modo inesorabile, a cambiamenti forti e narrativamente solidi. Il gioco di Vikings è quello di sapersi mettere sempre in discussione, senza per questo finire nel paradossale (consci, ovviamente, che parliamo di azioni di uomini che sfociano ormai nella leggenda) e sconvolgendo anche quegli equilibri che, all’apparenza, difficilmente possono essere sfaldati. Il lavoro fatto sui personaggi è, in questa premiere, più evidente che mai, un’evoluzione che porterà non pochi grattacapi a Ragnar ed ai suoi compagni, ormai tutti protagonisti di una propria personalissima ambizione, come stanchi di vivere della luce riflessa del loro instancabile condottiero, oggi più stanco che mai e forse, proprio per questo, alla portata delle loro cospirazioni.
Cosa ci è piaciuto?
Qual è la frustrazione di un uomo che ha conquistato tutto? L’incipit della premiere, con i maestosi cancelli del Valhalla che si chiudono all’incedere di Ragnar, e la sua conseguente frustrazione nel constatare di essere sopravvissuto, sono quello che più ci è piaciuto di questo primo episodio. A seguire il nuovo posto di Rollo che, pur essendo di nuovo caduto in tentazione (la qual cosa è successa almeno altre due volte) sembra adesso molto più consapevole di quello che desidera sia il suo posto nel mondo.
Cosa non ci è piaciuto?
La cosa che abbiamo digerito di meno è l’assecondamento di Lagertha nei confronti di Kalf che, prima l’aveva spodestata e ora ci si è alleata. Questa meccanica (figlia della terza stagione) ha in qualche modo denaturato un personaggio che si è sempre proposto con una certa forza all’interno della trama. Anche il fatto che un certo risvolto della terza stagione venga risolto nel pilot SOLO per decisione di Kalf (una decisione “alessandrina” oseremmo dire) si sposa poco con quella che è l’idea che avevamo della celebre “shieldmaid”. Vikings, in fondo, ha destrutturato tutti i suoi personaggi, ma una Lagertha (apparentemente) remissiva ci convince ancora poco.
Continueremo a guardarlo?
Diamine sì! Vikings, come Black Sails, è uno di quei serial che difficilmente delude i suoi fan, e che si presta ad un intrattenimento intelligente e ben costruito. Ad ora non ci sono segnali che facciano presupporre ad un flop e pertanto continueremo certamente a seguirlo.