Che al maestro Martin Scorsese la serialità l’abbia sempre attratto non è certo un mistero, visti i risultati titanici di Boardwalk Empire. E’ proprio per questa sorta di “sigillo di garanzia” che tutti noi serial-maniaci siamo saltati sulla sedia all’annuncio di Vinyl, serie ambientata negli anni ’70 e incentrata sullo spietato mondo delle etichette discografiche. Prodotto e scritto a 4 mani con Mick Jagger, uno che di musica un po’ ci capisce, Vinyl ha debuttato pochi giorni fa anche sui nostri schermi, in contemporanea con gli Stati Uniti.
E’ stata una prima puntata pregna, massiccia, folgorante, come ci si aspettava. Protagonista delle vicende è il discografico italo-americano Richie Finestra, proprietario di quella che un tempo era una gloriosa etichetta e che ora, quasi a metà degli anni ’70, si sta lentamente avviando verso la bancarotta. L’unica speranza della American Century Record è essere acquistata da una facoltosa azienda tedesca che, però, pretende dei risultati in termini di vendite, possibili soltanto se i talent scout della Century riusciranno a mettere sotto contratto qualche gruppo di tendenza, tipo i Led Zeppelin. Le cose però non vanno come previsto, dato che il mondo della musica, in quegli anni, è più marcio, corrotto e drogato della maggior parte dei politici italiani. C’è bisogno di gente nuova, di nuove promesse che possano schizzare in cima alle classifiche mondiali e Richie, non potendo contare sui suoi debosciati e strafattissimi colleghi, dovrà rimboccarsi da solo le maniche per evitare di affondare insieme alla sua nave.
Che possiamo dire? Un esordio che ci ha lasciati frastornati come un concerto degli Stones, come una serata a base di whiskey e cocaina. Richie Finestra (un meraviglioso Bobby Cannavale) si rivela fin da subito un protagonista carismatico e iconico, sulla scia del Sam Rothstein di Casinò, pellicola con cui Vinyl, almeno dal punto di vista dello stile visivo e narrativo, ha diversi punti in comune (i flashback, la voce off, le esplosioni di violenza), come d’altronde con Quei bravi ragazzi. E alla fine la mano è quella signori, che ci vogliamo fare? Questo arzillo signore di quasi 75 anni, coi capelli ormai completamente bianchi e i soliti occhiali dalla montatura stravagante, riesce ancora a portarci a scuola di regia, pur rimanendo fedele ai suoi adorabili manierismi e autocitandosi all’inverosimile. Eppure la storia o, meglio, le storie, raccontate in Vinyl sono quelle di un’America che non ha mai smesso di credersi onnipotente, tanto da espandere in maniera alquanto “malata” il concetto di sogno americano, divenuto quasi un passpartout per qualsiasi individuo senza scrupoli, intenzionato ad arricchirsi alle spalle del prossimo sventurato in cerca di fortuna. E’ il solito “gran guignol” scorsesiano, fatto di personaggi sopra le righe, sesso, droga, musica a tutto volume (ovviamente) ed esplosioni incontenibili di violenza. In tutto questo una carrellata di nomi leggendari del rock che fanno capolino di tanto in tanto, accompagnati da aneddoti e curiosità sui loro inizi e la loro esplosione in questo mondo di squali in giacca e cravatta.
Vinyl è un trip allucinogeno attraverso la storia del rock, condito da dialoghi taglienti come lame e raccontato con il solito, inconfondibile stile del buon Martin, che in Mick Jagger sembra aver trovato un nuovo “compare” con cui dare vita ad un nuovo universo tematico che, però, rimane fortemente influenzato dal DNA dei suoi “padri” cinematografici, colonne portanti della filmografia del suo creatore. E non poteva essere altrimenti. Eppure si respira distintamente l’influenza di Mad Men e dei Soprano (e guardacaso alla sceneggiatura ha collaborato anche quel geniaccio di Terence Winter). Vinyl è un mix micidiale di grandissimi prodotti cinematografici e televisivi che riesce a fondere e rimescolare per dare vita a un qualcosa di completamente nuovo e, ovviamente, grandioso.
Avevamo dannatamente bisogno di una roba del genere. Dio benedica Martin Scorsese.
Cosa ci è piaciuto?
Lo stile inconfondibile di Scorsese che, ancora una volta, riesce a fotografare in maniera impeccabile avvenimenti e personaggi di un periodo storico leggendario, fatto di grandi artisti, montagne di cocaina, spietati soprusi e lotte di potere. Scorsese, Jagger e Winter hanno realizzato una “piccola” perla di scrittura che, siamo sicuri, segnerà la storia del serial televisivo. Certe volte è questione di DNA… Poi vogliamo parlare della colonna sonora? Non serve dire quanto godimento ci abbia procurato una tale infornata di pezzi cult piazzati tutti al momento giusto, a scandire il ritmo di un pilot a dir poco perfetto.
Cosa non ci è piaciuto?
Possiamo dire niente? Lo diciamo, niente. Certo, magari i più giovani faranno fatica a fare i giusti collegamenti nel marasma di nomi di cantanti, band e etichette discografiche ma Wikipedia esiste per motivo.
Continueremo a guardarlo?
Beh, se non lo facessimo dovremmo essere perseguiti legalmente. Vinyl è una serie che VA vista, da tutti, incondizionatamente dai gusti personali. L’inconfondibile mano di Scorsese rende lo show un concentrato di stili e influenze, cinematografiche e televisive, di rara potenza. C’è poi da dire che il cast gioca un ruolo non da poco nel sapere trasporre fisicamente sullo schermo un lavoro di scrittura certosino. Siamo solo all’inizio ma siamo diventati già dipendenti. Un’altra dose, tipo subito.