Dal filone sulla medialità, Olivier Assayas torna al thriller politico con risultati poco entusiastici: Wasp Network è su Netflix
Nel corso della sua corposa carriera sono diverse le strade che il regista e sceneggiatore francese Olivier Assayas ha intrapreso. Una marca di stile che si è reiterata su produzioni e generi cinematografici identificativi o semplicemente nell’esaltazione di un cinema d’autore che ha caratterizzato gli ultimi tre applauditi film della filmografia del cineasta, quasi collegati da un avvicinamento ipertestuale, che faceva dell’esplorazione delle tradizioni in rapporto con i mezzi di comunicazione odierni il focus principale delle opere.
Un interessantissimo ritorno tematico che rendeva interconnessi Still Maria (2014), Personal Shopper (2016) e Doubles vies (2019) – titolo originale della poco rispettabile versione italiana Il gioco delle coppie – pur nella loro lontananza di racconto e clima, dove l’ultima pellicola stravolgeva i toni introspettivi che avevano caratterizzato i precedenti, ma in cui l’attenzione sul linguaggio e la maniera di riportalo alle forme tecnologiche della contemporaneità si affiancava degnamente alle soluzioni di esplicazione degli altri due film.
Dal Festival di Venezia a Netflix
Un filo conduttore che aveva posto Assayas come uno degli autori più concentrati sulle opportunità dell’utilizzo mediale e su come l’intreccio tra ciò che è riportabile su uno schermo e le relazioni personali fosse ormai una realtà indissolubile e filtrata tutta da supporti tecnici, ma che subisce un cambio di direzione nelle scelte del soggetto e della realizzazione della pellicola finita direttamente sulla piattaforma Netflix.
Inizialmente programmato per una distribuzione lineare, acquistato da BiM Distribuzione per la circolazione in Italia, Wasp Network ha subito il medesimo trattamento di tante opere capitate sotto il giogo della pandemia di Covid-19, scegliendo di adattarsi alla forma di fruizione streaming e finendo dunque disponibile nel catalogo online.
Prima, però, del suo arrivo sulla piattaforma, il percorso del film vede il suo aprirsi al pubblico alla prima mondiale alla 76esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, dove un fidelizzato Assayas, reduce l’anno precedente dalla presentazione di Doubles vies, non esalta alla stessa maniera dei suoi successi antecedenti.
Nonostante una piccola porzione di entusiasmo per Wasp Network, ciò che più di altro definisce la pellicola dell’autore francese è il torpore con cui si è andato avanzando qualsiasi tipo di dibattito sul film, che riflette lo stesso flemmatico andamento nei meccanismi con cui la pellicola si snoda nel suo complesso ingranaggio complottistico.
La rete di spionaggio di Wasp Network
A fare da tappeto alla narrazione di The Wasp Network, basato sul libro Os últimos soldados da Guerra Fría del giornalista Fernando Morais, sono le famose operazioni della Red Avispa, rete di spionaggio che il governo cubano stabilì a Miami per fare in modo di insinuare nuclei di organizzazioni terroristiche anti-castriste. Storia che il film non fa vertere solamente attorno alle operazioni e agli scambi di Paese in Paese, ma amalgama in un sospeso melodramma a volte sentimentale, a volte familiare, entrambi con la medesima stanchezza che aleggia per il resto del film.
Stanchezza più dovuta all’approccio che lo spettatore si trova a dover consumare durante la visione del film, che nel suo intento di descrizione di un evento storico della nostra storia contemporanea, posto nella sua ambientazione anni Novanta, sembra non assistere mai a una elaborata rimessa in scena degli accadimenti proposti, bensì a una presa senza alcun rimaneggiamento dei fatti, che porta dunque a un’esposizione piatta e senza alcuna inflessione nelle trame del film.
Una scelta di pulizia del racconto che rende eccessivamente scarno Wasp Network, che nell’incauta scelta di porre tutto, ma proprio tutto ciò che accadde durante i continui spostamenti all’interno dell’opera, rende ripetitivo e quindi indigesto il film, limitandolo a una fotografia di ciò che avvenne all’epoca e non avendo alcuna vena creativa con cui riportarlo.
Il fare meticoloso, ma poco incisivo di Wasp Network
Una condizione, quella dell’eccessiva riverenza alla realtà e verità storica, che tramuta Wasp Network da il suo essere film a semplice saggio di ciò che successe nel mezzo di quegli anni – il cui fare meticoloso di Olivier Assayas trova sbocco in un pezzo di contemporaneità che non ha, però, colore e che a questo punto avrebbe probabilmente trovato più logicità e fortuna – in una sua possibile forma documentaristica.
Non basta una sola, unica coinvolgente sequenza che finalmente mostra i connotati della fantasia filmica – o il suo definirsi thriller politico, con il lungo percorso fino a un hotel e la conseguente esplosione di una bomba – o il cast di grandi nomi (Penelope Cruz, Edgar Ramirez, Ana de Armas, Gael Garcia Bernal, Wagner Moura) a compensare un rimbalzare costante avanti e indietro nelle dinamiche della squadra di spionaggio.
Wasp Network si fa lezione di storia per un pubblico che da Olivier Assayas si sarebbe aspettato ben altro, per un’opera che non tiene testa al suo autore, limitandone le qualità più stimolanti.