Dopo le inchieste giornalistiche in merito alla loggia P2 di Colpo di Stato e l’anno e mezzo di occupazione nazi-fascista in Lombardia di Venti Mesi, lo studio We Are Müesli torna sul solco della storia con l’escape room ispirata al muro di Berlino, intitolata Wer Ist Wer.
Quello tra We Are Müesli e ricerca storica è un rapporto consolidato da anni e proseguito in tutti i progetti in cui i due creativi milanesi sono stati coinvolti. I loro lavori sono sempre pregni di documentazione, di collegamento con ciò che i nostri predecessori hanno vissuto, di costante ricerca di nuove piattaforme ludiche su cui far atterrare le storie della storia.
Ovviamente ciascuno di essi era ed è un modo per partire da quei fatti del passato e ricavarci intorno un ragionamento sul presente e sul futuro; non soltanto ricordare ma anche e soprattutto avvertire, quindi. Non è allora una sorpresa venire a sapere che per la loro ultima opera, l’escape room temporanea Wer Ist Wer, siano partiti da un contesto del reale – quella faccenda del muro di Berlino – per costruirvi intorno un mondo fittizio che sì la richiamasse e ne celebrasse il trentennale della caduta ma che portasse anche le giocatrici e i giocatori a interrogarsi circa tutti i muri, anche metaforici, che possiamo trovare nel contemporaneo.
Coniugare le tendenze: estetica e meccaniche della conformità
Sicuramente, negli ultimi cinque anni, le escape room hanno guadagnato un posto di richiamo nella questione dell’intrattenimento. Sono un modello creativo remunerativo e danno una grande rosa di possibilità a chi le progetta. Un errore in cui, però, spesso incappa sia chi progetta che chi le visita e gioca è cadere nell’eventualità di banalizzarne di molto il contenuto, relegandolo a quella sfera di “nuove giostre” come potrebbero essere i laser game e il paintball.
Come ogni cosa, ovviamente, dipende sempre da chi e perché quella specifica idea è stata portata a essere reale e tangibile; oltre che le motivazioni per cui quello specifico pensiero è nato e ha iniziato a farsi strada verso una realizzazione. Wer Ist Wer, come d’altronde tutte le opere della coppia, di contro non ha nessuna intenzione di rientrare in un calderone di escape room tutte uguali con un comparto estetico poco curato perché poco emergente e rilevante rispetto alla più centrale componente meccanica.
A essere in netta contraddizione con il generale e generico approccio alle escape room entra in scena prima di tutto il tema centrale del gioco: le giocatrici e i giocatori non sono chiamati – come accade sempre in questo tipo di esperienze – a uscire da uno spazio chiuso ma devono valutare l’eventuale conformità al regime fittizio (che richiama la DDR comunista) di nove soggetti. Avremo modo di discutere la storia e le suggestioni di Wer Ist Wer più avanti, per il momento vi basti sapere questo incipit. Premessa necessaria perché sblocca tutti i ragionamenti che si possono fare tanto su quello su cui le visitatrici e i visitatori della stanza sotterranea del Polo del ‘900 (che ospita in esclusiva il gioco fino all’8 di dicembre), ma anche e soprattutto per ciò che loro si troveranno davanti a livello visivo.
I nove armadi-archivio all’interno dei quali si celano gli enigmi utili per capire l’allineamento allo Stato di ciascuna e ciascuno dei personaggi che popolano Wer Ist Wer, così come gli addobbi che ornano la sala e il software attraverso il quale le giocatrici e i giocatori recuperano informazioni utili per la risoluzione dei rompicapo e inseriscono gli input richiesti grondano un’attenzione per il dettaglio maniacale.
Ogni piccolissimo oggetto o foglio è curato e reso coerente a una precisa identità visiva oltre che legato in modo indissolubile al personaggio a cui appartiene. Dall’altra parte ciascuna delle prove ludiche chiamate in causa evoca ragionamenti profondi e collegati in modo stretto al contesto, attraverso un lavoro di ricerca sia di scrittura che di progettazione ludica molto evidente anche a chi non è particolarmente avvezzo.
Sia la parte ludico-narrativa che quella grafica – ovvero le due anime di We Are Müesli, Claudia Molinari alla progettazione visiva e Matteo Pozzi alla scrittura e al game design – comunicano quindi la presenza di una firma repentinamente riconoscibile e riconducibile al duo di creativi. Niente è lasciato al caso o non è ancorato a una precisa linea di pensiero e di suggestioni estetiche: tutto converge verso lo stesso pensiero e modo di realizzare. La conformità dei regimi totalitari, elemento cardine dell’esperienza, viene coniugata e tradotta nel linguaggio proprio di chi l’ha realizzata mutuandone i canoni principali e, contemporaneamente, rivisitandoli attraverso la propria lente.
Adattare per creare suggestioni: dalla Stasi allo Schloss
Come già anticipato a inizio articolo, Wer Ist Wer non riporta in modo preciso le situazioni che avvennero durante la divisione della capitale tedesca ma ne prende spunto per creare le possibilità di ragionare su tutti i muri e i confini, anche quelli che abbiamo nei giorni nostri.
La DDR qui è chiamata lo Stato e il severo organo di controllo che era la Stasi diventa lo Schloss (anagramma che sta per “Servizio di Chiarificazione della Lealtà e dell’Orientamento per la Sicurezza dello Stato), per fare in modo che le giocatrici e i giocatori sentano che quelle per cui stanno decidendo il destino non sono vite solo e necessariamente berlinesi ma ipoteticamente applicabili a qualsiasi forma di governo che limita le libertà.
Certo i riferimenti al muro di Berlino e alle storie che ne sono derivate sono tantissimi – e tal proposito vi consiglio vivamente di visitare la pagina facebook dello studio per avere una ricchissima bibliografia di riferimento – e nascosti in modo più o meno visibile all’interno di tutta l’escape room. C’è però una volontà di fondo, confermatami da Matteo, di scrivere una storia distopica che partisse da quel fatto per raccontarne e rendere consapevoli di altre.
Wer Ist Wer parla dei “chi è chi” della Germania divisa così come della Palestina e del Messico che alcuni sognano. Tutto è in mano a giocatrici e a giocatori per essere esplorato, inteso, giudicato; compresa la loro stessa morale.
Viene richiesto fin da subito di mettere in discussione ciò che si sta giocando ponendosi immediatamente dei quesiti sul peso dello scegliere il destino degli altri: ciò apre infatti la porta ai quattro possibili finali dell’escape room. A seconda di quanto la sensibilità di ogni gruppo riesce a scavare a fondo di se stessi e della trama del gioco infatti è data a chi gioca la possibilità di scegliere per sé come far finire la storia, creando una propria e personale fine plasmata secondo ciò che ciascuno dei partecipanti ha potuto imparare dal gioco e in che modo è riuscito a differenziare moralità e completezza ludica.
Wer Ist Wer è, per concludere, una bilancia delle sensibilità di chi ha realizzato e di chi gioca. Un modo per mettere sul banco le capacità di tutte e tutti di notare le cose e conseguentemente prendere la decisione di accettare o rifiutare un modo che, apparentemente, sembra imposto. Un’esperienza immersiva e coinvolgente che stimola tantissimi pensieri, e che consiglio caldamente qual’ora voleste provare un’escape room diversa o ancora meglio superare quella reticenza che mai vi ha portato a provarne una.
Il mio proposito è che tutto questo possa proseguire coniugato ad altre tematiche del nostro (o di altri) tessuto sociale e vi invito a partecipare a questa esperienza, con permesso.