Werewolf: The Apocalypse – Earthblood e il tentativo di Cyanide Studio di portare un pezzo del World of Darkness nel mercato videoludico
Come spesso accade quando si decide di metter mano a un franchise con una fanbase particolarmente ampia, il rischio di commettere qualche passo falso è sempre dietro l’angolo e purtroppo, quello commesso dal team di Cyanide Studio con Werewolf: The Apocalypse – Earthblood, rientra perfettamente nella descrizione.
Se siete appassionati o anche solo conoscitori del World of Darkness, Werewolf: The Apocalypse vi suonerà familiare tanto quanto Vampire: The Masquerade. Aggiungendo ai due Mage: The Ascension abbiamo quella che viene considerata la “trinità” sulla quale si regge l’intero universo targato White Wolf, un universo che conta a oggi migliaia di fan sparsi in tutto il mondo.
La storia di Earthblood, mette i giocatori nei panni di Cahal, un eco-terrorista licantropo che, con il proprio branco, combatte i soprusi e gli abusi della Endron, una delle tante mega corporazioni che controllano il mondo e che sfruttano fino all’esaurimento ogni singola risorsa di Gaia – versione del pianeta Terra del WoD. Come, purtroppo, accade spesso anche nel nostro mondo, la natura è la prima vittima di queste dinamiche e, nel World of Darkness, tra i suoi difensori troviamo anche i lupi mannari, o Garou, come amano definirsi tra loro.
Secondo la versione GDR di Werewolf, i Garou sono in grado di assumere ben cinque forme differenti: Homid, il più umano tra i cinque aspetti; Glabro, anch’esso simile agli umani ma con troppe caratteristiche animali per passare inosservato; Crinos, l’aspetto da battaglia, il classico lupo mannaro che siamo abituati a vedere nei film, una sorta di enorme lupo su due gambe dotato di forza e agilità sovrumane; Hispo, una delle due forme più animali che umane, che ricorda i Metalupi di Game of Thrones per intendersi; e dulcis in fundo Lupus che, come suggerisce il nome, trasforma il licantropo in una versione più veloce di un comune lupo.
Tutto questo all’interno del gioco di Cyanide è più o meno presente, il problema di fondo è che non viene spiegato o almeno non da subito. I giocatori vengono solo messi nei panni di un tizio coi basettoni dal look molto simile a un membro dei Sons of Anarchy (non che sia un difetto, intendiamoci), capace di trasformarsi sia in lupo (Lupus) che in lupo mannaro (Crinos), in guerra – apparentemente per motivo ecologistici? – contro una delle migliaia di corporazioni che sfruttano le risorse planetarie per i propri, troppo spesso malsani, interessi.
Fare paragoni è sempre brutto, ma i videogiochi ispirati al World of Darkness si contano sulla punta delle dita ed è difficile non fare confronti con il più datato Vampire: The Masquerade Bloodlines. Nel titolo di Cyanide si viene presi e buttati in mezzo a una guerra tra fazioni delle quali si capisce ben poco e il mantra “Tu sei il buono, quelli sono i cattivi, vai e uccidi” non è sempre sufficiente, soprattutto se si pensa a Bloodlines, appunto, dove si veniva accolti da un sorridentissimo Smiling Jack, pronto a guidare il nostro personaggio nei suoi primi passi all’interno di un mondo fatto di vampiri, licantropi, fantasmi, ghoul, zombie e chi più ne ha più ne metta.
Sono due giochi diversi, sviluppati da due team diversi e, volendo, basati su ambientazioni diverse, ma gettare delle basi, anche molto semplici, non è mai sbagliato e aiuta il giocatore a non finire in un mondo che rischia di non capire o, peggio ancora, apprezzare.
Che il WoD sia articolato e complesso è un dato di fatto e creare un gioco che includesse ogni singola sfumatura e dettaglio presente nella versione tabletop di Werewolf, sarebbe stato tanto ambizioso quanto folle. Tuttavia, scegliere di trarre ispirazione da un così vasto universo per dar vita a qualcosa di nuovo, chiede un minimo di chiarezza mentale soprattutto se ci si vuole rivolgere al grande pubblico e non a una singola fetta di appassionati.
Chiariamoci, qui non si tratta dell’assenza di un tutorial – che tra l’altro in Earthblood non solo è presente ma è anche molto chiaro – ma di una falla narrativa. Una falla che poteva esser tranquillamente riparata inserendo una sorta di database che rispondesse alle domande più basilari e che offrisse una panoramica sui vari personaggi incontrati da Cahal nel corso della sua avventura. Una feature già vista in decine di titoli, semplice ma estremamente funzionale, che avrebbe potuto anche dare una mano alla caratterizzazione degli stessi protagonisti della storia raccontata in Earthblood.
I protagonisti di Werewolf: The Apocalypse – Earthblood
Parlando dei personaggi, non possiamo che aprire una triste ma necessaria parentesi.
Nonostante i numerosi tentativi fatti dal team di sviluppo, il doppiaggio privo di espressività ed emotività per buona parte della storia, non aiuta ad affezionarsi a nessuno e, al contrario, fa sembrare i personaggi piatti e completamente privi di carisma. A questo vanno aggiunte anche le animazioni viste durante le cutscene che, se convincono nei casi dei lupi, dei licantropi e delle relative trasformazioni, lasciano interdetti quando si tratta dei personaggi umanoidi, nei quali appaiono stranamente datate e approssimative.
Vittime sacrificali sull’altare della produzione e dei relativi costi? Difficile dirlo, soprattutto visto il notevole divario qualitativo che le separa da quelle delle creature non umane.
Sebbene dunque la narrazione non parta con il piede giusto, giunti alla fine del viaggio la trama di Werewolf: The Apocalypse – Earthblood risulta lineare e ogni pezzo va al proprio posto componendo un puzzle neanche particolarmente complicato. Le uniche pecche – ma è molto soggettivo – sono i colpi di scena spesso facilmente prevedibili e la scelta finale davanti alla quale viene messo Cahal – e di conseguenza il giocatore – della quale non parleremo in questa sede, ma che lascia un po’ l’amaro in bocca e che rischia di sembrare buttata lì, tanto per seguire la moda dei finali multipli o aggiungere una punta di rigiocabilità al titolo.
Neanche in termini di longevità il titolo di Cyanide brilla particolarmente: per completare la storia principale e le (poche) missioni secondarie, si possono impiegare dalle 15 alle 20 ore, a seconda anche della difficoltà scelta e dal come si decide di approcciarsi alle fasi di combattimento.
Sotto questo punto di vista, Earthblood ha delle meccaniche tanto semplici quanto efficaci. Come detto in precedenza, Cahal può assumere due forme diverse: Lupus e Crinos. La prima trasforma il nostro protagonista in un lupo, forma che gli consente di passare quasi del tutto inosservato, entrare nei condotti d’areazione e, in generale, sfruttare le varie opportunità offerte dalla componente stealth del titolo.
Per quanto riguarda Crinos, invece, il discorso si fa più ampio, più articolato e più violento. Abbiamo già visto che si tratta della forma più “cinematografica” di un licantropo: un classicissimo armadio a due ante peloso e schiumante di rabbia. Trasformarsi in Crinos significa cedere alla rabbia insita in tutti i Garou – da non confondersi con la Furia, status nel quale un licantropo perde totalmente il controllo delle proprie azioni – un sentimento che si acquieterà soltanto quando ogni minaccia sarà stata eliminata.
Se Lupus è la via stealth, Crinos è la via dell’assoluta violenza, una violenza che arriva accompagnata da brani rock/metal che fanno da sottofondo alla macellazione dei vari nemici presenti nella sezione di mappa che si sta affrontando. Le meccaniche di combattimento sono piuttosto basilari e sono caratterizzate da un sistema di combo che scivola facilmente nel più bieco ma funzionale button smashing.
Il sistema funziona, è efficace e diverte, ma alla lunga può risultare ripetitivo e si giunge a un momento nel quale sembra di esser finiti in un ciclo infinito.
Lo scenario è più o meno questo: si entra in una stanza, si sfoltiscono i nemici in forma di Lupus cercando di farne fuori il più possibile di nascosto, si sabotano eventuali telecamere e porte dalle quali fuoriusciranno i rinforzi una volta scattato l’allarme, si viene 3 volte su 4 scoperti e si gioca la carta Crinos, che mette il punto a tutto liberando l’intera area da oggetti e persone presenti, lasciando solo chiazze di sangue in terra.
Fortunatamente, trattandosi si di un action ma anche di un RPG, il team di Cyanide ha inserito un sistema di progressione e sviluppo del personaggio piuttosto basilare. Nulla di complesso o articolato. Non mira a creare varie build diverse ma solo a offrire un tocco di varietà al combattimento, sbloccando abilità che consentiranno a Crinos di avere più salute, curarsi, schivare con più facilità oppure a Lupus di esser visto con maggior difficoltà dai nemici, per citarne alcune.
Particolarmente utili, soprattutto quando il ritmo di gioco viene interrotto dalle boss fight che, pur non essendo particolarmente complesse una volta padroneggiato il combat system, offrono un piacevole diversivo rispetto al solito entra-uccidi-esci-entra-uccidi-esci-missione completata e tutti a casa.
Werewolf: The Apocalypse – Earthblood – Verdetto finale
Tirando qualche somma e tornando alla domanda che ci siamo posti all’inizio, Cyanide ha effettivamente compiuto un passo falso con lo sviluppo di Werewolf: The Apocalypse – Earthblood? La risposta è si e no.
Il tentativo fatto dal team francese ha risentito di una pletora di fattori diversi e ciò che resta è un gioco che si porta dietro una forte sensazione di incompiuto.
Se fossimo tra i banchi di scuola, ci troveremmo davanti al più classico “È intelligente ma non si impegna.” Le idee ci sono e, al netto dei vari difetti, potevano funzionare se fossero state sviluppate meglio. Troppo spesso, invece, ci si ritrova chiedersi se si stia giocando la versione finale del gioco o se sia una sorta di beta di quello che sarà il titolo una volta pubblicato.
Gli elementi presenti in Earthblood sono molteplici ma sembrano tutti abbozzati, buttati lì in attesa di esser sviluppati ulteriormente e in maniera più approfondita. Se le meccaniche di gameplay possono tutto sommato convincere e divertire, tutto ciò che gli ruota attorno non funziona. Le animazioni, i personaggi, il doppiaggio, la lore e la narrazione, sono tutti elementi da tenere in considerazione quando si sviluppa un titolo videoludico e se alla fine risultano inefficienti, ecco che l’intera opera viene compromessa.
Succede, è successo in passato e succederà ancora ma è sempre un peccato, soprattutto quando si tratta di titoli che possono fungere da trampolino di lancio per far conoscere, anche al grande pubblico, mondi così ricchi vasti e complessi come quello del World of Darkness.