Ormai prossime all’arrivo su console, le avventure di Geralt di Rivia sono attese con un fremere incalzante, complici i molteplici annunci che CD Projekt Red ha effettuato negli ultimi mesi, ma anche lo stesso retaggio del brand tale che all’annuncio di questo terzo capitolo (e parliamo dell’E3 2013) Wild Hunt collezionò un numero ragguardevole di premi e pareri entusiastici. La combinazione data dal carisma di Geralt, dal suo mondo di gioco così “fantasiosamente realistico” e dalla nuova impostazione open world ha saputo infatti stregare l’utenza, persino quella che ad oggi non ha ancora mai dato una possibilità ai precedenti capitoli del gioco. The Witcher 3: Wild Hunt è dunque, senza mezze misure, uno dei titoli più attesi di questa stagione 2015 costituendo non solo un’uscita next gen di spessore, ma anche una prova significativa per il team di sviluppo che qui, per la prima volta, confeziona un titolo multipiattaforma con un’uscita unica. Ecco allora spiegato il perché quando siamo stati invitati ad una succosa anteprima stampa tenutasi proprio in questi giorni in quel di Milano non ci abbiamo pensato due volte e ci siamo letteralmente fiondati all’evento nella speranza che, finalmente, potessimo mettere mano al gioco per svelarne le prime caratteristiche. Per fortuna non siamo stati delusi!
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Il ritorno dello Strigo
Presentatoci in doppia versione (PC e Xbox One), The Witcher 3 si è mostrato per mezzo di una build non di molto lontana a quella finale in cui, tuttavia, mancavano ancora diversi accorgimenti e rifiniture su cui il team è ancora a lavoro. Ecco perché in questo articolo abbiamo deciso due cose: la prima è quella di non parlarvi affatto della trama che, seppur in minima parte, manteneva nella nostra build le sue premesse e perché, come intuirete, la nostra prova si è basata più sulle caratteristiche tecniche che su quelle narrative. La seconda è quella di parlare di quei difetti proprio da evidenziare, lasciando da parte qualsiasi remora per quelli che invece sono difetti tipici di una build acerba, consci che – almeno per ora – essi potrebbero non presentarsi nella release rifinita del gioco. Ciò detto, lo Strigo si è presentato al nostro test in gran forma, evidenziando, su tutto, quella che è una caratteristica tipica del modus operandi di CD Projekt Red, ossia la dovizia nei dettagli. Questi, presenti in entrambe le versioni da noi provate, infatti, sono decisamente appaganti e contribuiscono a cesellare quello che è un mondo di gioco vivo e vibrante in cui ogni cosa è perfettamente contestualizzata e incastonata. Certo, i dettagli sono anche un’occasione per comprendere una cosa: The Witcher 3 è un gioco per PC. Anche se questa affermazione va presa con le pinze e con le dovute precauzioni. Il lavoro fatto su console (noi abbiamo provato la versione One, ma ci è stato garantito che non vi saranno differenze sostanziali con quella PS4) è stato certosino e la versione One non è affatto sfigurata dinanzi a quanto visto su PC, tuttavia è proprio qui che il gioco da – ovviamente – il meglio di sé, con un’ottimizzazione di fino capace di restituire un mondo quanto mai magnifico e immersivo, massicciamente impreziosito da una serie di effetti che, purtroppo, sono stati in parte persi su console, vittime dei compromessi offerti dalle macchine casalinghe. In ogni caso, al di là di quello che può essere un massiccio uso dei particellari piuttosto che degli shader, The Witcher 3 offre degli scorci visivi decisamente mozzafiato in cui l’alternarsi delle diverse condizioni atmosferiche e cronologiche crea paesaggi credibili e, soprattutto, realistici, in quello che è un continuo alternarsi tra uomo e natura in cui si incastrano villaggi rurali, roccaforti, ma anche ruderi inghiottiti dal verde dei boschi, occasionalmente attraversati da creature che, autonomamente, e nella loro biodiversità, creano un sistema dinamico in cui il giocatore deve procedere sì all’avventura, ma con cognizione di causa, conscio che potrebbe facilmente ritrovarsi nei guai.
Nella nostra prova, ad esempio, nel mezzo di un peregrinare forsennato, mi sono spesso imbattuto in creature di basso livello, che in piccoli gruppi, hanno comunque causato una minaccia consistente, cercando spesso di accerchiarmi e di attaccarmi all’unisono. Il peggio è stato poi quando, abbandonato dal mio cavallo, mi sono ritrovato in una boscaglia in cui un branco di lupi (ma un branco vero! Di 15/20 singoli!) mi ha accerchiato e ucciso impunemente. L’esplorazione è parte integrante del sistema di gioco e poter contare sul proprio cavallo Rutilia rende il tutto ancor più divertente da giocare a maggior ragione se, per questioni di realismo, il destriero sarà soggetto a status di panico quando accerchiato dai nemici scappando in preda al panico disarcionandoci. Sono questi solo esempi della bontà open world di The Witcher 3 che fa di tutto per non renderci le cose troppo semplici, ma per darci quel certo qual gusto per la sopravvivenza e per la sfida perché, del resto, quella dello Strigo non è una vita facile ed il pericolo sarà sempre dietro l’angolo.
Mai più scale inscalabili
Quando ho conosciuto Damien Monnier (il Senior Gameplay Designer) la prima cosa che gli ho chiesto era se fossero coscienti che il sistema di controllo di The Witcher 2 era una spina nel sedere. Le mie parole, in realtà, sono state anche più dure (tra i sorrisi divertiti di lui che, per fortuna, non si è offeso) ed il mio esempio è stato quello delle scale del secondo capitolo attorno a cui, spesso, mi ritrovavo a girare nella speranza che comparisse a schermo il comando per la risalita. Damien, sempre ridendo, ha ammesso che il prompt non era sempre intuitivo e che, ricevuto il feedback di tanti utenti (tra cui io… fottute scale…) hanno lavorato molto per migliorare il sistema di controllo del gioco, facendo attenzione affinché esso fosse funzionale alle situazioni che solo un open world può offrire… e sapete cosa? Funziona! Il sistema di controllo di The Witcher 3 è in effetti molto efficiente e responsivo, tale che non si verificano più disguidi di sorta nell’approccio con le differenti situazioni di gioco (scale incluse ovviamente). Questa volontà di semplificazione al servizio della funzionalità è poi evidente anche nei momenti di combattimento, in cui il feeling è quello di una maggior rapidità al servizio di scontri molto più veloci che in passato.
Gli scontri sono quindi un concatenarsi di combo di attacchi forti e deboli in cui parate e schivate vanno ad alternarsi in quella che è una vera e propria danza mortifera che, pur mantenendo una certa sfida, è ad oggi certamente più semplice ed accessibile che nei capitoli precedenti (specialmente del primo, con i suoi tre differenti stili di combattimento). La scelta di un combattimento così rapido, comunque, ci è sembrata la più logica in un contesto in cui, spesso anche senza volerlo, ci si trova nel mezzo di una mischia in cui il numero di nemici è decisamente soverchiante. Purtroppo però non tutto è stato roseo come ci saremmo immaginati… al di là di quei difetti tipici di una versione di gioco ancora da ottimizzare (il gioco da noi provato era ancora in fase di pre-ottimizzazione, e corrispondente, più o meno, al mese di gennaio), come ad esempio una revisione delle dinamiche di impatto, nonché grossolani errori di compenetrazione poligonale, quel che ci ha lasciati un pochino infelici è stato il sistema di schivata, attivabile con la combinazione del tasto B e della levetta direzionale. A dispetto di nemici lesti e decisamente aggressivi, la schivata si è dimostrata spesso lenta e incapace, lasciandoci sovente scoperti in modo disastroso. Meglio quando si effettua una parata, ma l’idea è quella di un sistema di schivata incapace di reggere l’azione come si deve.
Sesto senso e affini
Azione che talvolta può persino essere messa da parte, lasciando a Geralt il compito di risolvere la situazione con qualcuno dei suoi “trucchi Jedi”. Interessante in tal senso è l’introduzione dei “Sensi del Witcher”, una visuale che ricorda per certi versi la modalità detective di Batman e che permette al nostro Strigo di analizzare la scena alla ricerca di oggetti o indizi che normalmente non sarebbero visibili. In queste sessioni l’azione lascia quindi il passo all’investigazione, in quelle che sono sezioni che sono sapientemente implementate nel gameplay e che restituiscono, come mai prima d’ora, un’idea decisamente avvincente e ridefinita di quello che è il lavoro di un Witcher. Geralt potrà così scovare oggetti, tesori, ma anche piste, in quelle che sono delle vere e proprie battute di caccia. Anche i combattimenti possono essere in qualche modo arginati utilizzando invece i “Segni”, ossia quelle magie che permettono a Geralt di sparare raffiche infuocate, di piazzare trappole magiche, ma anche di imbonire i nemici e persino gli NPG.
La varietà non manca e quel che rende il tutto ancor più gradevole è quel sentore di continuità che, pur configurando molte missioni secondarie come compiti assolutamente accessori, rende comunque il tutto molto omogeneo. Il feeling è quello che potreste aver provato in Red Dead Redemption di Rockstar (titolo che lo stesso Damien ci conferma di aver apprezzato) in cui tutto quel che si fa è parte di un enorme mosaico. Ecco: The Witcher 3, nonostante i difetti di una build non ancora rifinita al 100% ci è sembrato questo, un mosaico, i cui tasselli compongono un’opera che, GIUSTAMENTE, va attesa con fervore. La prova, infatti, ci ha lasciato piacevolmente soddisfatti soprattutto per quel piacere che si prova a scorrazzare per il mondo di gioco solo per il gusto della scoperta. The Witcher 3, insomma, è certamente il nostro prossimo acquisto. Il fatto, poi, che resta del tutto fruibile anche per chi – per ovvi limiti “di bandiera” – non ha potuto giocare i precedenti capitoli, rende il tutto ancor più avvincente e godibile dimostrando, su tutto, quanto CD Projekt sia un team che sa esattamente cosa fare e come farlo. Che la caccia abbia inizio!