Sviluppato dalla neonata Machine Games, Wolfenstein: The New Order passava quasi in sordina nei progetti dello scorso anno di Bethesda, scavalcato dalla maestosità del brand The Elder Scrolls (che usciva allora con la sua versione Online) e dal nome di Shinji Mikami, il cui estro si consolidò nel controverso The Evil Within. Ma a chi si era prodigato nel porre la giusta attenzione, il progetto The New Order aveva già le premesse giuste, in primis proprio per il misconosciuto team di sviluppato che nasceva dalle ceneri nientemeno che di Strarbreeze, uno studio che aveva dato i natali videoludici alla serie di Riddick (si esatto, il personaggio di Pitch Black interpretato da Vin Diesel). Quando poi il gioco uscì fu un successone, nella sua perfetta ed equilibrata commistione di pallottole, battutacce, situazioni hard boiled ed ovviamente nazisti da spazzare via in nome della libertà. Ma The New Order era anche un prodotto splendidamente sceneggiato, caratterizzato in modo inatteso e una spanna sopra qualsiasi altro FPS odierno, orgogliosissimo della sua anima assolutamente single player. Ecco perché, compresa questa lunga premessa, potete capire perché ci fosse grande attesa per The Old Blood. Non proprio un sequel, ma un prequel a basso costo ed originariamente concepito solo per il digitale (ora anche retail) che facesse da “antipasto” a quello che certamente sarà un secondo capitolo. Ma com’è questo The Old Blood? Sarà in grado di tenere alto il nuovo (buon) nome che la serie si è costruita tra gli appassionati?
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4 secondi inspira…
Anno 1946: il Capitano William Joseph “B.J.” Blazkowicz è ben oltre il fronte. In una missione decisamente folle, il nostro si sta infiltrando insieme all’Agente Uno nel tetro e inespugnabile castello Wolfenstein, alla ricerca di un dossier che possa rivelare la misteriosa posizione della base del Generale Deathshead. Le cose, ovviamente, prenderanno ben presto una bruttissima piega costringendo B.J. a modificare i suoi obiettivi in corsa ed a combattere per la propria sopravvivenza in quella che è la tana del lupo.
Questa, in soldoni, la trama di questo The Old Blood che strizzando ancora una volta l’occhio al fan (eddai su! Parliamo del Castello Wolfenstein!!!) ne approfitta per costruire un piccolo prequel a quelle che sono poi le vicende di The New Order. Il gioco, diviso in due capitoli, è tuttavia molto distante da quella profondità narrativa che in modo del tutto inatteso ci ha investito in The New Order, ed è anzi molto più asciutto nella sua trama, facendo si che le situazioni d’azioni si susseguano quasi senza cognizione di causa. La trama, insomma, è striminzita e messa più che altro al servizio del gunplay anche se, c’è da dirlo, si prenderà comunque brevissimi istanti per presentare qualcosa di nuovo agli occhi del giocatore, sovente anche presentando situazioni un pochino paradossali (e qui evitiamo ogni spoiler) che ci fanno riflettere sul perché, a ben vedere, B.J. non abbia parlato in The New Order delle cose INCREDIBILI che succedono nella seconda metà del gioco. Ciò ovviamente non significa un prodotto raffazzonato, ed anzi lo stile con cui Machine Games aveva costruito la sua bellissima ucronia nazista è ancora ben presente, tuttavia chi ha giocato The New Order si troverà comunque dinanzi un prodotto non proprio al livello dell’ottimo capitolo principale, ma piuttosto un riempitivo, comunque divertentissimo, ma certamente meno profondo. Ma probabilmente i motivi sono semplici: Machine Games non voleva né proporre un prodotto copia/incolla rispetto alla produzione principale, né tanto meno uno stravolgimento totale (compito, magari, dell’atteso secondo capitolo in aria di annuncio). In tal senso anche il titolo “The Old Blood” è quanto mai esplicativo. Questo prequel è infatti squisitamente concentrato sull’azione e sulla parte più sparacchina del gameplay, quasi volesse celebrare “il vecchio sangue” dell’FPS senza mezze misure, come faceva l’originale Wolfenstein. Il tutto quasi certamente più per mancanza di risorse economiche e tempo piuttosto che per la pura volontà di omaggiare lo stile classico degli FPS che, tra le altre cose, era comunque il core della produzione originale.
4 secondi, espira…
The Old Blood è comunque un lavoro lodevole e divertente, su tutto per la qualità con cui Machine Games ha confezionato questo prodotto a basso budget e che, sinceramente, prende a schiaffi quasi ogni prodotto venduto allo stesso prezzo e con le stesse pretese. Tutta la freschezza ludica di The New Order è qui intatta, ma si fregia anche di una costruzione del tutto inedita dei livelli, mantenendo grandiosa la strutturazione del level design. Passaggi, cunicoli, corridoi si fanno largo negli scenari più disparati, con spesso soluzioni per approcciarsi al livello ed ai nemici che prevedono un minimo di scelta da parte del giocatore. E poi, ovviamente, le armi. Presenti in un numero decisamente decente, molte delle quali nuove (seppur non innovative) e capaci di restituire quel senso di “potere” che aveva caratterizzato il gameplay a base di proiettili del capitolo originale. Sparare in Wolfenstein, insomma, è sempre e comunque dannatamente divertente, ed anche se questo capitolo nulla va aggiungere alla formula del suo prequel/sequel, la sensazione è ancora decisamente appagante, complice anche la durata della campagna che per 20 euro ci metterà sul campo un numerosissimo campionario di nazisti in almeno 6/7 ore di gioco, senza contare le numerosissime sfide in arena da poter sbloccare livello dopo livello.
Tecnicamente parlando, infine, il motore di gioco (l’id Tech 5) non sembra ancora in grado di mostrare quella mole poligonale che si vorrebbe vedere sui titoli current gen, tuttavia sembra essere stato fatto qualche passo in avanti in merito alla definizione delle texture. Dettagli, comunque, di poco conto, soprattutto considerando la cifra stilistica dell’opera che si caratterizza, come sempre, per quel suo affascinante aspetto diesel-punk con l’attenzione non da poco di non riutilizzare i modelli già costruiti per il gioco originale, ma di crearne di nuovi che, per abbigliamento e dettagli, rispecchino un esercito tedesco (ed una tecnologia) storicamente più arretrati di The New Order. Il che, ovviamente, non può che essere lodevole!