C’era una volta un’idea, e quella idea era Xbox One. Una console squadrata come un mattone ma dal cuore (e dalla filosofia) molto al di là dell’estetica e dei tempi che corrono. Quel sogno c’era, e oggi non c’è più. E così, dal 9 Giugno, Xbox One perde l’ultimo pezzo del suo progetto originale, entrando in assetto per la guerra con la sua diretta concorrente e sperando di recuperare quel gap di vendite che, sin dal suo lancio, ha vessato la sua serenità. Che cosa è successo? È successo che Microsoft, spiazzando tutti (soprattutto quelli che avevano acquistato la console al lancio) ha annunciato una versione della sua ammiraglia SENZA Kinect, abbassando, quindi, il prezzo di vendita di 100 carte, e raggiungendo il prezzo di vendita di PS4. Che cosa significa? Significa, fondamentalmente, che la filosofia originale di Xbox One è ufficialmente defunta e che, da adesso in poi, avremo a che fare con una console “normale”, e per certi versi più tradizionale.
Facile, infatti, additare la One come una console mediocre e poco funzionale, soprattutto se si è più propensi a pensare all’aspetto economico che a quello tecnico. Perché, se ci si pensa solo un attimo, la verità è che Xbox One è sempre stata una macchina (potenzialmente) meravigliosa, quella la cui filosofia meglio si preparava a quello che sarà il salto di qualità che avverrà (perché avverrà) e che vorrà i titoli inesorabilmente digitali. Xbox One legava ad ogni giocatore la propria libreria giochi, potenzialmente gli dava la possibilità di portarsela in giro via cloud e, perché no, di identificare il proprio io reale con quello digitale, grazie a un sistema di identificazione e classificazione. Xbox One rendeva il giocatore l’avatar di sé stesso, grazie alla connettività di quella che è – per meriti o meno – una delle più grandi aziende informatiche dei giorni nostri. Faceva (o meglio avrebbe fatto) tutto questo grazie alle sue caratteristiche che la volevano fortemente al centro dell’intrattenimento casalingo, annullando anche la distanza tra giocatore e interfaccia, e in questo rientrava proprio Kinect. Non stranisce, quindi, un menù ingestibile se approcciato col pad, ma funzionale e dinamico in accoppiata con Kinect, così come non meraviglia che proprio quel menù verrà ben presto ufficialmente revisionato per adattarsi a chi, il Kinect, non ce lo avrà.
Certo, adesso ci sarà la possibilità che la base installata aumenti esponenzialmente, ma resta, almeno nelle idee di chi vi scrive, quell’idea che si sia perso tutto lo spirito che animava il versante della concorrenza di Microsoft, appianando il tutto ad una macchina che, per forza di cose, adesso deve solo macinare vendite e denaro. Eppure Xbox One era un progetto ambizioso che, almeno nella concezione futurista, sembrava ricordare Sega Dreamcast e che, quasi profeticamente, vive delle medesime sfortuna. Ora, dopo il gravoso passo indietro fatto già agli esordi della console, prevedibilmente fischiata dai giocatori più conservatori, e ammaliati invece dalla più tradizionalista PS4, One ne compie un altro, abbandonando quel Kinect che, sin dall’annuncio, era stato definito fondamentale, tanto che la console proprio non poteva essere veduta senza. Si era investito su un certo imprinting tecnologico, risparmiando (ma mai senza ammetterlo) su un profilo hardware invece svantaggiato rispetto alla concorrenza. Non deve stupirci, questo principio si chiama “difference”, ed è la matrice fondamentale del DNA di una azienda rispetto ad un altro.
Il punto è che ogni cromosoma di quella differenze, è andato adesso perduto, figlio del timore di Microsoft che si è vista malamente criticare dall’utenza. Le manovre, senza doverci troppo ragionare, sono state dolorose e controverse e, se un merito c’è, è solo quello di aver voluto ascoltare il feedback degli utenti. Un feedback che, alle soglie del cospicuo investimento dovuto al lancio di una console, non può essere glissato in alcun modo. Il punto è che forse si erano scelti i tempi e i modi sbagliati per proporre alla gente quel sogno che era (passato ormai d’obbligo) Xbox One. “C’è qualcosa di marcio in Danimarca” direbbe qualcuno, e forse è proprio così… tante sono state le defezioni nel progetto Xbox One, e l’addio di un Don Mattrick e un Marc Whitten non sono notizie che dovrebbero passare in secondo piano, soprattutto se unite a quelle defezioni “minori” che pure ci sono state e che la cronaca non ha evidenziato. Che sia una coincidenza o un doloroso segno dei tempi che corrono, non posso che immaginare un gran casino in casa Xbox, con una sequela di idee ben presto osteggiate da alcuni elementi interni alla stessa Redmond. Forse stiamo sognando… eppure non è poi un’ipotesi così azzardata. Del resto, se ben ci pensate, di recente era successo qualcosa di molto simile. Un’altra società aveva abbandonato parte della filosofia dietro un suo prodotto (anche lì inizialmente proposto come “fondamentale”) in virtù di un sostanziale passo indietro tecnologico ed economico. Neanche qualche mese fa, del resto, nasceva Nintendo 2DS. Ora ditemi voi se questi non sono ricorsi storici.