Young Royals è una piacevole scoperta da vedere su Netflix
Netflix non è mai sazia di contenuti e a partire dal 1° luglio fa sbarcare in streaming Young Royals, serie TV svedese che segue le orme di un giovane principe che viene spedito in collegio a seguito di uno scandalo. Si torna quindi al cavallo di battaglia della piattaforma, a quei prodotti young adult/teen drama che rappresentano uno dei principali ami che il colosso statunitense sfrutta per tenere ben saldo uno dei suoi principali pubblici di riferimento, quello adolescenziale.
Young Royals assolve a questo compito con lode, rispettando egregiamente tutti gli stilemi del genere e, con sorpresa, riuscendosi a fare anche racconto interessante e dalle svolte intriganti.
L’identità specifica di Young Royals
Se volessimo cercare di inquadrare spazialmente la serie potremmo dire che va a collocarsi nel mezzo di due gettonatissimi prodotti come Elite e The Crown. Saremmo però ingenerosi verso Young Royals, che non possiede il drama approssimativo del primo o la raffinatezza regale del secondo, ma che piuttosto si fa carico di una personale identità in grado di regalare gradite sorprese nel corso dei suoi sei episodi.
I punti cardine sui quali far leva sono messi in chiaro fin dall’inizio: quando il giovane principe Wilhelm (Edvin Ryding) viene allontanato e inviato nel prestigioso collegio di Hillerska, qui scattano immediatamente dinamiche di potere interne tra ricchi e meno ricchi, tra invidie personali e opportunismi legati al privilegio.
La questione che dona specificità al racconto (lo script è a cura di Lisa Ambjörn, anche ideatrice, e Pia Gradvall) è sicuramente il modo in cui viene affrontato il discorso della regalità e di come questa venga mantenuta come un fardello latente, una cappa ingombrante alla quale Wilhelm, secondo in linea di successione al trono, si interessa relativamente.
Young Royals ha quindi modo di dedicarsi a tratteggiare l’interno di quello steccato narrativo già ben rodato dai suoi simili, muovendosi con gusto e garbo sopra una tessitura in cui emergono le criticità di una nobiltà che presenta tutti i suoi punti contraddittori mentre nel frattempo vengono portate avanti trame amorose a sfondo LGBT che poi si troveranno a essere parte di un meccanismo di senso più ampio.
A un certo punto infatti avviene qualcosa e quel principato fin ad ora distante si avvicina in maniera critica a Wilhelm, il cui tentativo di allontanamento dalla sovraesposizione mediatica che investe la sua posizione di reale si vanifica del tutto. Qua la serie si gioca una carta importante, con una scelta molto netta che non stride ma che anzi rilancia la posta in gioco e prepara Young Royals a un salto di interesse che in parte viene sviluppato e in parte viene lasciato alla praticamente scontata seconda stagione.
La capacità di riflettere sulla contemporaneità
Ci si prende lo spazio di ragionamento su alcuni punti di rottura dei tradizionalismi passando per un’elaborazione del racconto che solo un teen drama può permettersi con questa facilità, ma che in realtà riflette esigenze specifiche della contemporaneità. Il tema del sangue reale e del concetto conseguente di dovere e della non possibilità di scelta (che, visto che l’abbiamo nominata, proprio The Crown affronta in maniera magistrale) porta Young Royals ad assumere una prospettiva delle cose inedita per un prodotto di giovane consumo come questo.
La frustrazione e il senso di inadeguatezza che permea il personaggio di Wilhelm viene alimentato e rimpolpato un po’ di più ogni episodio, fino ad arrivare a un’invasione della privacy del personaggio che mette in ballo anche come il discorso mediale, dell’immagine, sia un punto di discussione sempre più nevralgico di questi tempi.
Insomma, Young Royals sotto la superficie patinata con la quale si vende si porta dietro una capacità di affrontare, o quantomeno allestire, banchi di analisi più complessi di quanto ci si potesse attendere. Lo fa nell’unico modo in cui deve farlo, parlando alla gioventù con i problemi di gioventù e mettendo pepe con la confezione di classe elitaria di cui si ricopre. La serie però non va affatto sottovalutata, essendo forse una delle poche facente parte dello sconfinato bacino di young adult in grado di conciliare l’intrattenimento con lo sforzo riflessivo. In attesa del secondo round.