Protagoniste shoujo che rompono gli schemi di un genere
Quando pensiamo alle eroine di manga e anime, oggi le prime cose che vengono in mente sono essenzialmente due: il loro aspetto, caratterizzato da grandi occhi, visi e corpi minuti, voci acute e capelli fluenti (e magari pure vestiti succinti); e il fatto che siano spesso innamorate del protagonista maschile, sentimento che causa spesso incomprensioni o equivoci finché entrambi non realizzano cosa provano l’uno per l’altra.
Non si può dire che non esistano più protagoniste dal piglio carismatico, tuttavia sembra esserci stata una sorta di involuzione rispetto ad alcune icone del manga shoujo che hanno determinato il cammino del genere stesso e la presenza e il ruolo dei personaggi femminili nelle opere più recenti. Eppure, non è stato facile scardinare alcuni dei canoni venuti a crearsi nel corso dello sviluppo del media: alcune mangaka, negli anni ’70, colsero l’occasione e diedero vita a eroine che non fossero solo capaci di inseguire un amore nella maggior parte dei casi impossibile o doloroso, ma anche di affermarsi come donne attraverso un particolare escamotage: il travestitismo. Personaggi così memorabili da scatenare il desiderio tra gli altri presenti nelle loro avventure, così come nelle lettrici a cui erano rivolti. Un desiderio vivido e passionale che case editrici e lettori di ogni genere vogliono riaccendere ancora di più oggi.
La “madre” di tutte le eroine manga: la principessa Zaffiro
La principessa Zaffiro nasce dalla penna di Osamu Tezuka, il padre dei manga, ma la sua nascita, nella versione animata, viene nascosta da un inganno: poiché lo zio, inizialmente primo nella linea di successione, è un uomo malvagio che porterebbe alla rovina il regno, il padre di Zaffiro decide di far credere a tutti che sia nato un figlio maschio e così la bambina cresce e si comporta come tale, pur di proteggere il regno. L’originale invece riconduce la personalità più mascolina di Zaffiro ad un errore divino, causato da un angioletto pasticcione che ha inserito un anima maschile nel corpo femminile della protagonista.
Tezuka decide di rielaborare la figura dell’attrice del teatro Takarazuka, immergendola in un’ambientazione fiabesca tipicamente europea (l’autore, infatti, era molto affascinato dalla cultura occidentale): così come “dall’alto” fu decisa l’identità sessuale di Zaffiro, anche per queste giovanissime ragazze vengono stabiliti i ruoli all’interno della compagnia dopo un anno di addestramento in danza, canto e recitazione. Quello sarà poi il ruolo che ricopriranno per tutta la vita, forti di un’educazione basata sulla distinzione netta tra maschile e femminile, per proporre ad un pubblico di donne opere teatrali che plachino il loro desiderio di pathos e tormenti. In fondo il genere shoujo, creato da Tezuka stesso proprio attraverso Zaffiro, non è altro che questo: le protagoniste, e di conseguenza le lettrici, sono messe davanti a un continuo confronto con le proprie pulsioni sentimentali ed erotiche, in contrasto tuttavia con la purezza dell’aspetto e dei comportamenti.
In Zaffiro sono riscontrabili tutte queste caratteristiche, poiché è capace anche di indossare vesti femminili, che poi sono quelle che infine prevarranno, nonostante l’ambiguità che la principessa manterrà per quasi tutta la storia. Sarà l’incontro col principe Franz a creare una prima scintilla di sentimento romantico, sconosciuto a Zaffiro fino a quel momento e ogni suo travestimento (quello da finta “sorella di Zaffiro”, da Cavaliere fantasma e infine anche da maschio) verrà meno grazie all’amore che Franz le dimostra fin dal loro primo incontro e che le darà il coraggio di accettare il fatto di essere in realtà una principessa, perché la sua diversità non era altro che il mezzo con cui poi arrivare a realizzare la propria femminilità. La sua storia si concluderà quindi, come per molte altre eroine manga degli shoujo, con il coronamento del loro amore che culmina con il matrimonio e la nascita di due gemelli, maschio e femmina.
Lady Oscar: eroina tragica della rivoluzione francese
Come accennato più sopra, è negli anni ’70 che viene a crearsi una rivoluzione per i manga shoujo. Riyoko Ikeda dà vita ad una delle eroine manga più amate di sempre per fascino e carisma e la consacra nella sua tragedia. Oscar François De Jarjayes nasce femmina ma le viene imposta un’educazione maschile dal padre, finendo per ricevere l’incarico di proteggere un’altra giovane donna, sua coetanea, con un ruolo centrale per la storia della Francia, ovvero Maria Antonietta d’Austria.
L’intero manga gioca sull’assoluta libertà esercitata dell’autrice per quanto riguarda l’aspetto grafico e per questo la distinzione uomo/donna spesso è labile, specialmente quando, in mezzo alle pagine, i personaggi sono trascinati dalla loro passione, che esalta i bei tratti da cui sono accomunati: capelli fluenti e ondulati, occhi luminosi e dalle ciglia lunghissime, arti affusolati ed espressioni di estasi che riflettono tutto il loro tormento interiore. La nostra Oscar non è certamente l’unica afflitta dalla propria condizione ma, trovandosi in mezzo ad alcuni dei personaggi più influenti della Storia, emergono tutte le sue emozioni più intense, che siano rivolte a coloro che ama o verso sé stessa.
La vita di Oscar, in fondo, è inestricabilmente legata a Maria Antonietta, in quanto sua guardia del corpo. Stando vicino alla futura regina di Francia, la protagonista avrà modo di avvicinarsi per la prima volta a donne che non siano le sue sorelle, che risveglieranno in lei prime pulsioni che potrebbero essere definite erotiche ma che subito sopprime, in quanto consapevole da adulta del proprio genere. Eppure, non prova alcun interesse per gli uomini, poiché lei stessa, da sempre, si è comportata e fatta considerare da tutti come un uomo, rendendosi così, quasi inconsciamente, asessuata. Quasi perché, finalmente, i suoi desideri più reconditi si manifestano nell’incontrare Axel von Fersen, il futuro amante di Maria Antonietta.
Così si consuma una tragedia nella tragedia: Oscar non può scegliere di stare con lui e affermarsi finalmente come una donna, perché lui appartiene anima e corpo alla futura regina di Francia, e non potrà mai concedersi nemmeno la serenità interiore che ricerca da tutta la vita. Ma è per questo che invece potrà lasciarsi la corte alle spalle, quando sceglierà di unirsi ai ribelli: ormai non ha niente da perdere, può abbracciare pienamente il proprio lato maschile e, al contempo, sorprendentemente per lei, quello femminile grazie all’unico che può comprendere la sua dualità, il suo amico d’infanzia e braccio destro André.
E allora Oscar diventa l’eroina che noi tutti vediamo in lei: il suo è un percorso di liberazione, che scardina il predominio maschile per dare valore a una nuova identità, quella dell’Io puro che riesce, nonostante tutto, a far cadere ai suoi piedi le persone di cui affascina i cuori, compresi gli uomini che pure non ne comprendono la natura modernamente trasgressiva.
Utena: l’ultima ragazza rivoluzionaria tra le eroine manga
Il progetto del collettivo Be-Papas dedicato a Utena vede la luce nel 1996, vent’anni dopo la morte di Oscar durante la rivoluzione francese, e semplicemente riconferma quanto fatto da Oscar nel mettere sotto i riflettori il tema dell’identità, anche se da un punto di vista più erotico-sessuale che in Lady Oscar veniva pesantemente ammantato da quello spirituale ed emotivo.
Utena Tenjo, da bambina, viene salvata da un misterioso “principe” che le dona un anello col sigillo di una rosa. Questo, in realtà, permette al possessore di partecipare ai numerosi duelli che vedono scontrarsi i pretendenti della cosiddetta Sposa della Rosa, titolo assunto da Anthy Himemiya. La Sposa della Rosa diverrà fidanzata del vincitore di questo torne e sarà completamente a sua disposizione, in tutti i sensi.
Tutto fa pensare subito a Oscar: Utena veste al maschile e si comporta come un ragazzo, venendo considerata da tutti un maschiaccio per le sue doti atletiche. Questo però la rende in grado di combattere con la spada, nella speranza di ritrovare il suo principe, rispetto ai suoi rivali che invece vogliono conquistare la Sposa e il potere che si dice permetta di rivoluzionare il mondo. Utena, però, possiede già questa forza: rispetto ad Oscar, riesce ad andare oltre il proprio genere biologico e, una volta conquistata Anthy, sceglie effettivamente il rapporto omosessuale offertole dalla Sposa della Rosa, dando un nuovo senso al suo travestitismo che prima era esclusivamente in funzione del suo sogno di diventare principe come colui che l’aveva aiutata.
Questo è ciò che Utena fa di diverso rispetto a Oscar: si “salva” da sola e permette a sé stessa di provare il piacere di essere libera come donna e come protagonista, anche se parimenti drammatica visti i temi affrontati nella serie, quali abusi di vario tipo e addirittura incesto. Con Utena avviene un completo ribaltamento dei ruoli di genere, che vede la ragazza diventare principe salvatore come nelle favole, invertendo anche i ruoli canonici tipici delle fiabe a cui si rifanno gli archetipi presenti nell’opera multimediale. Il principe, che avrebbe dovuto salvare la protagonista per donarle pace interiore, è solo un’illusione dalla quale liberarsi e anche per questo Utena possiede già il titolo di “ragazza rivoluzionaria”.
Il ritorno delle eroine che rivoluzionarono il manga
Insomma, queste tre grandi protagoniste, pur arrivando da contesti storici e idee diverse, ci raccontano all’unisono una realtà possibile al di là di ciò che tradizione e stereotipi vogliono imporre. La rivoluzione, cominciata in sordina fin dagli anni ’50, è oggi più che mai sotto gli occhi di tutti e per fortuna queste eroine manga incantano le nostre fantasie ancora oggi, Di recente, infatti, Zaffiro, Oscar e Utena sono tutte ritornate in fumetteria: la prima grazie alla collana Osamushi di Jpop, la seconda tramite la ristampa di Goen di qualche anno fa e la terza è stata annunciata da Star Comics per aprile (purtroppo alcune uscite sono state rimandate a causa dell’emergenza, ma speriamo di poterle avere presto tra le nostre mani). Tre opere, tre eroine e tre storie imperdibili per comprendere, apprezzare e emulare le loro lotte per la libertà individuale.